Lettera aperta a Sam Mendes e alla Giuria Internazionale di Venezia 73

Egregi Signori e Signore della giuria,
voglio partire dalla premesse che sicuramente ognuno di voi è più competente del sottoscritto non solo dal punto di vista prettamente cinematografico, ma anche come esperienze di vita e di Festival.

È stato il vostro eccellere a far sì che il direttore artistico della Biennale Barbera vi scegliesse per giudicare i film in concorso, e su questa scelta non mi permetto di disquisire.

Il regista filippino Lav Diaz, Leone d'Oro con "The woman who left".
Il regista filippino Lav Diaz, Leone d’Oro con “The woman who left”.

Possiamo dire che la qualità dei film presentati in concorso è stata, nel complesso, discreta, con picchi in senso positivo e in senso negativo. Ebbene, colgo l’occasione per scusarmi pubblicamente con i registi di “Spira mirabilis”, che ho giudicato quanto meno deludente nella mia recensione (leggi qui): paragonato a “The woman who left di Lav Diaz, vincitore del Leone d’Oro, il loro film risulta vivace, divertente, persino brillante.

Tornando a noi, egregi giurati, ammetto che scegliere chi incoronare in questa 73° edizione della Biennale non era semplice, ma la vostra decisione mi ha letteralmente lasciato pietrificato. Non appena annunciato il nome del vincitore, sono corso in sala per vederlo, “The woman who left”, perché non ritengo giusto giudicare qualcosa senza conoscerlo.

Ebbene, mentre voi eravate in conferenza stampa a rispondere alle domande dei colleghi e poi a festeggiare all’Hotel Excelsior la fine del Festival, per me e circa altri mille coraggiosi cominciava una gara a eliminazioneSi perché la visione del film di Diaz è stato una prova di resistenza, e non tanto perché dura la bellezza di tre ore e quaranta, ma perché è lento, lungo, con una sceneggiatura risibile e per niente avvincente.

Una scena del film “The woman who left”.

Potreste rispondermi che Venezia è una “Mostra d’Arte” e che quindi il regista filippino aveva tutte le carte in regola per partecipare e vincere, ma una kermesse cinematografica, per quanto di classe e “alta”, ha prima di tutto un dovere nei confronti del pubblico.

Chi rimborserà il biglietto ai seicento spettatori che ieri hanno abbandonato la sala prima della fine della proiezione, sconcertati e delusi?

Lav Diaz ha molti estimatori tra i critici e anche in qualche frangia di pubblico, ma ancora mi chiedo come si possa girare un film così autoreferenziale, pensato per pochi intimi e non per una platea intera.

La messa in scena irrita per staticità e assenza di ritmo. La scelta del bianco e nero appesantisce ancora di più la visione. Onestamente capire il travaglio umano della protagonista, vittima di un errore giudiziario, rinchiusa in carcere per trent’anni, vogliosa di vendicarsi del suo carnefice e rivedere i figli è difficile.

Assegnando il Leone d’oro a “The woman who left” avrete anche onorato la settima arte, ma avete danneggiato il cinema. Perché il cinema deve essere popolare, rivolto a tutti. Complimenti a Lav Diaz, ma la sua vittoria non avvicina la gente al cinema, piuttosto la fa scappare.

La Biennale di Venezia numero 73 finisce qui. Il vostro inviato chiude la valigia, e dal traghetto diretto verso la terra ferma guarda con una certa stanchezza la bella laguna. Accendendosi un immancabile sigaro vi dà appuntamento al prossimo folle e caotico festival. Perché il cinema deve sempre essere una festa.





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