“Le vite nascoste dei colori”: il romanzo di Laura Imai Messina

Recensione del libro edito da Einaudi, ambientato nel Giappone delle mille contraddizioni

Ci sono libri, e storie, su cui non avevi grandi aspettative, all’inizio, ma che si dimostrano invece capaci di ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto dentro di te. Di regalarti prima di tutto sorprese, e poi emozioni. Le vite nascoste dei colori di Laura Imai Messina, uscito a giugno per Einaudi, è uno di quelli.

Nero mezzanotte con una punta di luna, indaco che sa di mirtillo, giallo della pesca matura un attimo prima che si stacchi dal ramo: Mio sa cogliere e nominare tutti i colori del mondo. Ha appreso l’arte dei dettagli invisibili guardando danzare ago e filo sui kimono da sposa, e ora i colori sono il suo alfabeto, la sua bacchetta magica, il suo sguardo segreto.

Aoi, invece, accompagna le persone nel giorno più buio: lui prepara chi se ne va e, allo stesso modo, anche chi resta. Conosce i gesti e i silenzi della cura. All’inizio sembra l’amore perfetto, l’incanto di chi scopre una lingua comune per guardare al di là delle cose. Ma il loro incontro non è avvenuto per caso.

Non saprei dirvi tutt’oggi, nel dettaglio, cosa abbia di speciale questo romanzo, probabilmente niente, nel senso classico del termine. La sua bellezza, per come l’ho percepita io, sta nel ritmo del racconto, molto “orientale”, calmo ma sostenuto, preciso; nella storia poetica e ricca di simbolismo; nei personaggi credibili e toccanti. E soprattutto nella semplicità. 

Le vite nascoste dei colori” racconta una storia d’amore tra due persone “speciali” (soprattutto per le rispettive professioni e per le implicazioni che queste hanno) e normalissime al contempo, le intersezioni delle loro vite con quelle di molti altri personaggi, un percorso di crescita personale e di presa di coscienza.

Ma racconta anche le stravaganti mansioni di chi lavora in un negozio giapponese di pigmenti, le mille sfumature che possono assumere i riti funebri, la distruzione di un giardino segreto per fare spazio a una nuova costruzione, che ci lascia con un tremendo senso di ingiustizia, di spreco e di vuoto. E poi l’arte della creazione degli Shiromuku, i kimono nuziali, e della vestizione delle spose. 

A fare da sfondo è la Tokyo di oggi, con le sue contraddizioni: la città che non dorme mai, pulsante di attività, con i grattacieli futuristici e la vita frenetica, ma anche la città dei templi, degli abiti tradizionali e dei riti retaggio del passato, che per un occidentale hanno un sapore quasi mitologico.

Attraverso le descrizioni delicate e puntuali ma mai ridondanti di Laura Imai Messina, delle pennellate che dettaglio dopo dettaglio compongono un quadro armonico, la metropoli prende letteralmente viva. E rinfocola nel lettore il desiderio di visitarla – confesso che a me succede con tutti i buoni romanzi ambientati in Giappone. Perché leggerne è un conto, ma esserci… deve essere incredibile.

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