Non è semplice scrivere una storia che racconti il presente in modo delicato e al contempo emozionante. Non è semplice riuscire a toccare le corde più intime delle persone, dedicandosi a tematiche complesse, crude, oscure. Se un autore ci riesce, al suo esordio nel mondo della narrativa, non possiamo che congratularci con lui – e attendere con curiosità i suoi prossimi lavori.
Roberto Mocher ha dalla sua uno stile scorrevole e coinvolgente, che prende e trasporta il lettore attraverso la storia – una buona base di partenza, quando si tratta di scrivere un libro. Anche la scelta di avvincendare racconto del passato e racconto del presente – il qui e ora rappresentato dalle vicende di Mathieu/Matteo, che vive in Sicilia con la moglie e gestisce un’agenzia turistica, e il passato in cui i genitori di Mathieu, Claire e Anchovy, si sono incontrati in Inghilterra, si sono amati, hanno affrontato tempi bui fino alla separazione – si dimostra azzeccata.
Il lettore viene da subito avvinto da questa narrazione incrociata, entra in sintonia con i personaggi, si scopre curioso di conoscere meglio come si sono svolti i fatti – quelli che sono già storia, in un certo senso, in quanto risalgono alla metà del 1900, e quelli che invece avvengono in presa diretta.
“Le due verità dell’amore“, lo dice anche il titolo, è un romanzo che parla prima di tutto di sentimenti. Quelli che legano un uomo e una donna, quelli che sottostanno alla vita di una famiglia normale. Ma anche quelli che portano fuori dal tracciato che ci eravamo preparati, che ci eravamo, in un certo senso, abituati a seguire.
Non si può mai sapere che piega prenderà la propria esistenza, e allo stesso modo non si può mai dire di conoscere davvero le persone che fanno parte da sempre del nostro quotidiano. Questa storia intrecciata, dove passato e presente si alternano, proiettandoci poi in un presente che in un certo senso è futuro – neppure la vita del protagonista Mathieu resta ferma, infatti, ma corre veloce attraverso gli anni – sembra prima di tutto volerci insegnare questo.
Difficile dire quale “filone narrativo” mi sia piaciuto di più, se quello legato alla famiglia del protagonista, con le vicende dei genitori, le scoperte dei motivi che li hanno portati a separarsi, quel senso di mistero accennato eppure vibrante, oppure quello legato a Mathieu e al “piccolo arabo che vende i fazzoletti”, che poi scopriamo chiamarsi Samir.
Passato e presente sono accomunati da una vena malinconica e nostalgica, un bel paradosso se pensiamo alle tematiche delicatissime ma al contempo crude che vengono affrontate – la pedofilia, il commercio di bambini dai paesi più poveri del mondo, la bisessualità. Mocher ci dimostra che si possono raccontare le cose in molti modi diversi, che non necessariamente si devono scegliere parole taglienti per trasmettere emozioni forti. Talvolta le emozioni emergono in maniera naturale.
È un libro che fa riflettere, che fa accapponare la pelle, che fa commuovere. Per certi versi mi sarebbe piaciuto saperne di più, delle vite dei personaggi. Approfondire meglio il matrimonio tra Claire e Anchovy – che dopo che si sono ritrovati a Cannes, giovani, vediamo solo separati, lui una foto su una lapide in Sicilia, lei una vecchia signora in Francia -, quello tra Mathieu e Sara, ma anche le peripezie del piccolo e poi del giovane Samir. Il libro è ben congegnato e ben strutturato, ma, forse perché ai personaggi si finisce per affezionarsi, talvolta si ha la sensazione che l’autore avrebbe potuto raccontare molte cose di più. È la sola critica che mi sento di muovere – una critica, lo avrete capito, mossa dall’apprezzamento totale per il libro.
Che dire del finale. Mi sono dibattuta molto, chiedendomi se sarebbe stato giusto o meno scendere nei dettagli, in questa recensione. Alla fine ho deciso di no, perché se sono riuscita a incuriosirvi con le mie parole è giusto che leggiate il romanzo da soli e veniate sorpresi, sconvolti, emozionati a seconda dei casi. Posso solo dire che per me è stata una chiusa perfetta. La seconda parte della storia ci porta a formarci una certa idea, quando arriviamo alla fine crediamo di aver capito tutto, e invece…
Buona lettura!