È uscito il 9 settembre per Garzanti, in tempo perfetto per il ritorno sui banchi, il romanzo d’esordio di Cristina Frascà, di professione insegnante, “La supplente“. La storia di una trentenne in leggero sovrappeso, che cerca di destreggiarsi tra il precariato, gli amici e l’amore…
Anna ha trent’anni e non ne fa una giusta. Sarà per questo che non ha ancora realizzato il sogno di insegnare; o forse perché la strada per ottenere un posto di ruolo – si sa – è lunga e tortuosa. Così, quando scopre di aver ottenuto una supplenza per un intero anno non può credere alle sue orecchie, e poco le importa che in quell’istituto professionale le materie umanistiche non siano le più importanti.
Quando però si trova davanti Rimmel, Bruzzo, Mito, il Principe e Panik le sue certezze vacillano: i nomignoli dei nuovi alunni sono anche simpatici, ma loro non lo sembrano affatto, e non hanno alcuna intenzione di ascoltarla. Ma Anna ha una strategia segreta per provare a coinvolgerli: niente libro di testo, niente cattedra. La poesia è un linguaggio che arriva al cuore di tutti e persino il dizionario Treccani, se usato alla ricerca dei neologismi più strani, non è poi così difficile da consultare.
Giorno dopo giorno, si avvicina sempre di più ai suoi studenti, scoprendo che, sotto una solida corazza, nascondono le paure di tutti gli adolescenti. Per loro, l’amicizia e l’amore hanno ancora il gusto pericoloso ma unico dell’ingenuità, e, più che di un voto, hanno bisogno di essere ascoltati. Quello che non avrebbe mai immaginato è che sarebbero stati loro a cambiare la sua vita. A insegnarle che le sue fragilità sono una risorsa e che l’incontro inaspettato con Sasha e la sua passione per gli scacchi è più speciale di quanto credesse.
Leggendo la sinossi, avevo grandi aspettative su questo esordio. Ero intrigata dalla prospettiva di leggere una storia sul mondo della scuola “visto da dentro”, dal punto di vista di una docente precaria e giovane. E anche la protagonista, per una volta tutt’altro che perfetta dal punto di vista fisico, mi sembrava promettente. Alla fine della lettura, posso dire che “La supplente” mi ha convinta, ma solo a tratti.
Il problema principale, per me, è che la storia non procede come dovrebbe, arranca, si arrotola su se stessa. Finisce per risultare quasi noiosa (soprattutto nella prima metà, da settembre a dicembre).
Anche se la sinossi parla di un romanzo sul mondo della scuola, in realtà questo è un romanzo sul mondo – interiore, soprattutto – di Anna, sui suoi problemi con la dieta e la bilancia, sui suoi rapporti sentimentali e familiari. Leggendo i ringraziamenti dell’autrice, non mi ha stupito scoprire che l’elemento scolastico, l’ambientazione diciamo, è venuta in un secondo momento rispetto alla storia e all’idea di farci un libro.
Anna va a scuola e in gita (quella probabilmente è la parte che ho preferito), organizza un laboratorio teatrale sull’Odissea, dà lezioni di italiano a un aitante neonatologo russo, che in cambio le insegna a giocare a scacchi. E poi ha una famiglia presente, degli amici, dei colleghi, dei ragazzi a cui dà ripetizioni e lezioni di piano. Insomma, non sta ferma un secondo. Eppure… l’azione latita. Anna pensa e riflette tanto, “racconta” quello che le succede più che farlo vedere e vivere al lettore direttamente.
Lo stile della Frascà cerca di essere ironico e scanzonato, e a tratti ci riesce. Peccato però per la presenza davvero massiccia – e a tratti fastidiosa – di luoghi comuni e stereotipi, soprattutto per quello che riguarda la caratterizzazione degli alunni di Anna. Ok che in ogni classe ci sono certi personaggi e certi “tipi”, dai tempi dei tempi, ma qui si ha la sensazione che la mano sia stata calcata un po’ troppo.
Alla fine, comunque, “La supplente” è un romanzo leggero, ironico e moderno, che nella seconda parte ingrana anche abbastanza come ritmo e che si fa leggere fino alla fine con curiosità – fosse solo per sapere come si concluderà, se si concluderà, la storia tra la protagonista e il bel Sasha. Il finale è divertente e romantico, e lascia la porta aperta per un possibile sequel (che in appendice l’autrice confessa di star immaginando). Staremo a vedere.