La strana biblioteca, Murakami Haruki

Le biblioteche contengono storie. Le storie contengono universi. E certi universi possono essere molto pericolosi. Una fiaba misteriosa sul potere della lettura: liberarci dalla prigione dell’infelicità.

la strana biblioteca, Murakami Haruki

Lasciatemi partire, questa volta, da una notazione pratica. Non ho mai parlato di denaro, sulle colonne di questo sito, né, nello specifico, di denaro applicato al mondo della cultura. In coscienza non credo che se in Italia si legge così poco “la colpa” sia dei prezzi dei libri – e anche degli ebook – troppo altri e non alla portata di tutti. Certo, il fattore economico può influire sulle scelte delle persone, ma se uno ama leggere troverà comunque il modo di farlo, anche senza incidere sul budget familiare. Esistono le biblioteche, per dirne una, ma anche i mercatini dell’usato, le svendite, i prestiti tra amici. Quindi no, non credo che se gli italiani non leggono sia per colpa del prezzo dei libri.

Ma questo non significa che, soprattutto quando si parla di edizioni rilegate, il costo dei romanzi non spinga più di un lettore ad aspettare un’edizione economica o ad appoggiare mestamente il tomo sullo scaffale, anche se il desiderio di leggere è tanto. I libri costano, c’è poco da fare. E se anche è verissimo che quello che contengono ripaga quasi sempre dell’esborso di denaro, che la fantasia non ha prezzo, e via dicendo, è naturale che, davanti a certe cifre, ci si faccia qualche domanda. Oppure si rimanga basiti. Sopratutto se il prezzo non è commisurato alla lunghezza della storia.

Paghereste 15 euro (12,75 online) per un libro che è più un racconto, di 73 paginette scarse? Per un libro ben scritto certamente, fantasioso senza dubbio, ma che vi terrà compagnia per solo una manciata di minuti, 30 a essere ottimisti?

Io, sinceramente, no. Spendere 15 euro per un libro del genere, chi che ne sia l’autore, è un vero e proprio furto. Quindi, per quanto ami Murakami Haruki, il suo stile surreale, le sue storie e i suoi personaggi, non potevo non iniziare la recensione de “La strana biblioteca” – che sarà breve come è stata breve la lettura in questione – con questa notazione. E fare anche un appello, perché no. Cari editori e autori, mettetevi una mano sulla coscienza. Chi ama i libri troverà sempre il modo di leggere e magari spenderà sempre i suo soldi senza sensi di colpa, ma mettere prezzi improbabili ai romanzi non aiuta il mercato editoriale, non aiuta la lettura, non aiuta nessuno.

Detto questo, il racconto di Murakami si colloca senza difficoltà tra le sue storie a metà strada tra sogno, horror e realtà. Il giovane protagonista – coincidenza delle coincidenze, un lettore – si trova imprigionato contro la sua volontà all’interno della biblioteca del suo quartiere.

Un inquietante vecchio (che ci immaginiamo come una sorta di demone, anche senza bisogno di approfondite descrizioni o spiegazioni) lo chiude nei sotterranei dell’edificio, aspettando che ingrassi per potersene poi nutrire. A differenza della strega di Hansel e Gretel, a cui il personaggio potrebbe farvi pensare, qui però non si tratta di nutrire il corpo del ragazzino, bensì la sua mente. Il protagonista deve leggere a volontà, non mangiare, imprimersi nel cervello molte nozioni così che la sua mente si espanda. A quel punto il vecchio se ne nutrirà.

Durante la prigionia, il giovane incontra alcuni bizzarri e, in perfetto stile Murakami, anche inquietanti personaggi, tra cui un Uomo Pecora, che da carcerieri si trasformano in alleati o pseudo tali nella lotta contro il vecchio mostro e la biblioteca stessa, labirintica, insondabile, paurosa.

Alla fine, in maniera rocambolesca e naturalmente un po’ inspiegabile (perché nelle storie dell’autore giapponese i nodi non vengono mai risolti del tutto, i personaggi non trovano un finale pacificato e si resta sempre con punti di domanda e anche un po’ d’amaro in bocca) il bene prevale e il ragazzino può tornare alla luce e alla madre preoccupata. Ma sinceramente noi non ne sentiamo troppo la mancanza, perché non c’è stato il modo – e il tempo – di affezionarsi davvero a lui.

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