“La misura del tempo”: recensione del romanzo di Gianrico Carofiglio

Una nuova indagine, edita da Einaudi, per l'avvocato Guido Guerrieri, sospesa tra presente e passato

Il settimo romanzo dell’ex magistrato e senatore Pd Gianrico Carofiglio, La misura del tempo, edito da Einaudi nella collana Stile libero a novembre 2019, si distingue tra i titoli più letti dell’anno appena concluso.

Difficile inquadrarlo: un noir? un thriller? Come in tutti i libri di Carofiglio c’è un’indagine, che l’avvocato Guido Guerrieri – personaggio già noto agli aficionado dell’autore – cercherà di risolvere. Ma, al di là dell’impianto narrativo, solido e coinvolgente, corre parallelo un viaggio introspettivo del protagonista, in bilico costante tra presente e passato.

Tanti anni prima Lorenza era una ragazza bella e insopportabile, dal fascino abbagliante.

Era il 1987 e Guido Guerrieri, allora praticante in uno studio legale di Bari, aveva conosciuto Lorenza – più grande di lui di cinque anni – ad una festa.

Aveva lunghe, eleganti sopracciglia nere, capelli foltissimi e mossi, un viso d’altri tempi, con uno sguardo in equilibrio fra malinconia e arroganza.

Ne era rimasto folgorato e aveva vissuto con lei alcuni mesi di una storia d’amore così diversa dalle precedenti, fino a quando, quella stessa primavera, la donna elegante ed enigmatica che lo aveva stregato era svanita, mettendo fine a quell’amore ancora acerbo che lo aveva cambiato nel profondo. Guido ne era uscito addolorato e adulto.

La donna che un pomeriggio di fine inverno Guido Guerrieri si trova di fronte nel suo studio non le assomiglia affatto. Sono trascorsi 27 anni e “la signora delle foglie”, Lorenza, non ha più nulla della lucentezza di allora: è ormai “opaca”, segnata dal trascorrere del tempo.

Suo figlio Iacopo è in carcere da due anni, accusato di omicidio e condannato in primo grado. Il suo difensore è morto e lei – ormai senza soldi e con poche speranze – cerca rifugio in qualcuno che possa difenderlo. Guido, inizialmente convinto della colpevolezza di Iacopo e quasi controvoglia, accetta l’incarico, forse per rendere omaggio ai fantasmi del passato, che subito riaffiorano.

Lo scrittore Gianrico Carofiglio.

Comincia così una sfida processuale ricca di colpi di scena – in cui emergono giorno dopo giorno nuovi dubbi –, un viaggio dirompente tra aule di tribunale, pm e carceri, nei meandri di quella giustizia che l’autore conosce così bene.

Il risultato è un romanzo magistrale, in perfetto equilibrio tra il racconto giudiziario – che segue la vicenda processuale di Iacopo – e i ricordi e le inquietudini di Guido, che rimandano a un tempo che non può tornare.

Col passare del tempo alcuni luoghi della città mi ricordano sempre più intensamente sensazioni e fantasticherie del passato remoto. Un’epoca di stupore. Ecco, certi luoghi della città mi fanno sentire nostalgia per lo stupore. Essere storditi dalla forza di qualcosa. Mi piacerebbe tanto, se capitasse di nuovo.

Guido, annoiato dalla propria quotidianità, tormentato e insonne sembra rimpiangere quel giovane pieno di entusiasmo che guardava alla vita con curiosità e stupore.

Forse potrebbe essere proprio lo stupore – se fossimo capaci di impararlo – l’antidoto al tempo che accelera in questo modo insopportabile. Il tempo scorre veloce quando si invecchia perché, di regola, si ripete sempre uguale. Le possibilità di scegliere si riducono, le vie sbarrate si moltiplicano, fino a quando tutto pare ridursi a un unico, piccolo sentiero.

Un discorso che vale per l’avvocato Guerrieri, ma forse anche per ciascuno di noi.

 

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