Penso che la dote migliore di Philippa Gregory sia questo mescolare le carte in tavola. Dando voce a personaggi appartenenti a schieramenti diversi, la scrittrice e giornalista britannica riesce sempre a rovesciare le nostre certezze.
Dopo La regina della rosa bianca mi ero trasformata in una fervente sostenitrice degli York e nello specifico della regina Elisabetta Woodville. Il libro seguente non aveva cambiato di molto le mie convinzioni, forse perché il personaggio di Margaret Beaufort non riusciva proprio a creare empatia con il lettore. Ma La futura regina e la voce narrante di Anna Neville ribaltano tutto. Per la prima volta, si arriva a mettere in dubbio l’operato della regina di York, fino ad arrivare quasi a credere alle voci di stregoneria.
Raccontare diverse volte la stessa storia è un rischio. Chi garantisce che il lettore non si annoi? Che non resti indifferente, conoscendo già come si svolgono gli eventi principali? Ma la Gregory riesce nell’impresa di farsi leggere come se ogni volta fosse la prima versione della vicenda che uno si trova davanti agli occhi. Raccontando le vicende da diversi punti di vista, vengono messi in campo personaggi diversi, emozioni diverse, versioni diverse. E invece di diventare noiosa, la trama si arricchisce.
Ogni libro aggiunge un mattone alla visione generale degli eventi. Per questo non si prova fastidio, a ritrovare elementi simili alla base. Questo fil rouge storico passa quasi inosservato, tanto si è presi dalle vicende personali dei protagonisti.
La storia è ben scritta, avvincente, mai pesante. Anche se si sa già come va a finire, c’è attesa e quasi suspense. I personaggi sono ritratti a tutto tondo e prendono quasi vita. Sono umani, nei loro pregi e nei loro difetti. Che si tratti di fiction più che di storia poco importa. L’Inghilterra del 1400 rivive nella penna di Philippa Gregory.