“La fortuna di Finch”: recensione del romanzo di Mazo De La Roche

Il terzo capitolo della saga della famiglia Whiteoak di Jalna, bestseller del primo Novecento

Dopo “Jalna” e “Il gioco della vita”, è uscito in libreria il 28 gennaio, edito da Fazi, La fortuna di Finch, terzo capitolo della saga della famiglia Whiteoak di Mazo De La Roche, best-seller ante litteram a partire dalla prima pubblicazione, negli anni ’20 del Novecento.

La cara, vecchia Adeline se n’è andata, ma il suo spettro aleggia ancora nelle stanze della casa di famiglia e le sue parole riecheggiano nei corridoi della tenuta. La sua ultima beffa, poi, è ancora sulla bocca di tutti. Finch ne è ben consapevole: il ventunesimo compleanno si avvicina, e con esso il momento in cui avrà accesso al patrimonio della nonna.

La questione è spinosa, e il ricordo dello sconcerto dei suoi familiari all’apertura del testamento lo tormenta. Ma gli zii e i fratelli, nel tentativo di superare il malanimo, gli organizzano una festa di compleanno, al termine della quale il ragazzo sorprende tutti proponendo a Ernest e Nicholas un viaggio a proprie spese in Inghilterra, la madrepatria dei Whiteoak, la terra in cui tutto ha avuto inizio.

Dopo la traversata in transatlantico, i tre si godono un breve soggiorno a Londra, dove Finch assaggia la libertà e si approccia a nuove prospettive sul mondo. Ma è a casa della zia Augusta, nella campagna del Devon, che lo attende la vera sorpresa: la cugina Sarah, raffinata e amante della musica, dalla quale si sente subito attratto e per la quale ben presto dovrà misurarsi con un avversario.

Nel frattempo, in Canada, il piccolo Wakefield scopre la sua vena poetica e i rapporti tra Renny e Alayne prendono una direzione inaspettata. Al loro ritorno, Finch e gli zii troveranno una famiglia molto cambiata…

Il racconto copre un anno circa – si apre qualche giorno prima del 21esimo compleanno di Finch e si conclude, con una nuova nascita in famiglia, il giorno del suo 22esimo compleanno – e fa avanti e indietro sulle due sponde dell’Atlantico, dal Canada e gli Stati Uniti alla Gran Bretagna.

Ma nonostante questo, ed esattamente come i precedenti, “La fortuna di Finch” è un romanzo delle cose semplici, un romanzo delle piccole cose. Cosa succede, in queste 500 pagine? Niente che potremmo definire memorabile in senso assoluto, eppure di tutto. Liti, nascite, separazioni. Un viaggio oltreoceano; una fuga travestita da visita di cortesia alle zie in America. Il suicidio di un giovane giardiniere per una delusione d’amore; un matrimonio con conseguente luna di miele, ma a tre. E ancora e ancora. 

Mazo De La Roche si conferma una maestra nel raccontare le vicende di questa famiglia del primo Novecento e del microcosmo che orbita loro intorno con un piglio e soprattutto un’ironia che niente hanno da invidiare agli autori contemporanei.

Leggendo la saga di Jalna ci si emoziona, ma soprattutto ci si diverte. Perché alcuni passaggi sono davvero spassosi – penso all’accapigliarsi sull’eredità, ad esempio; a Renny che si mette a letto, il letto della nonna, dopo essere stato attaccato da tutta la famiglia; al modo in cui viene fatto fuori il fantomatico cane rabbioso. 

E oltre a questo, i personaggi e le loro vicissitudini sono così terribilmente attuali, anche se hanno quasi cent’anni, che è difficile non provare empatia con questo o con quello, non immedesimarsi, non farsi coinvolgere.

Perché alla fine “La fortuna di Finch“, e più in generale l’intera saga di Jalna, parla di famiglia, di rapporti con l’altro sesso, di crescita ed emancipazione. Parla delle difficoltà di trovare il proprio posto nel mondo e far sentire la propria voce. Tutti temi universali, che non invecchiano e non passano mai di moda. 

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