“La fine dei vandalismi”: l’epopea della normalità nella trilogia di Tom Drury

In una rete di cittadine di un immaginario Midwest americano i personaggi cercano una dimensione

C’è chi ha scritto che la prosa di Tom Drury, il suo modo di raccontare il Midwest americano, non reggono il confronto con quelli di Kent Haruf a cui, per certi versi, si ispira. Io ho letto entrambi gli autori, e posso confermare che sono diversi. Ma sinceramente trovo difficile fare classifiche di merito.

La fine dei vandalismi, primo capitolo della trilogia di Grouse County, edito da NNEditore nella traduzione di Gianni Pannofino (che ha curato la versione italiana dell’intera trilogia), è sicuramente diverso da “Benedizione”, ma non mi sento di dire peggiore, o migliore. Semplicemente è diverso.

Il Midwest torna a prendere vita, sospeso in uno spazio-tempo che ci sembra lontano nel passato, anche se in effetti non è bene indicato che non sia il presente. È che sui fatti, i personaggi e gli ambienti c’è una patina retrò che non può non farci pensare agli anni ‘60, ai pick-up sgangherati, alle strade polverose, ai piccoli esercizi commerciali. E a quelle cittadine degli Stati Uniti dove tutti conoscono tutti, dove negli anni cambia ben poco, e succede ben poco.

La fine dei vandalismi” fotografa le stagioni di una piccola comunità, gli avvenimenti minimi che rendono i giorni diversi uno dall’altro. Sono piccolezze, appunto – oppure non lo sono, dipende.

Louise mette fine a un matrimonio poco felice, si risposa, vive la peggiore perdita che una donna possa vivere. Lo sceriffo, Dan Norman, si occupa di tutti i piccoli e grandi crimini che avvengono in una comunità. L’ex marito di Louise, Charles Darling detto Tiny, lotta per restare a galla, per cercare un posto nel mondo.

E poi ci sono i giovani e i vecchi, un microcosmo di personaggi che affrontano un giorno dopo l’altro, una piccola – o grande – battaglia dopo l’altra. Quello che li unisce è l’ambientazione, questa rete di cittadine di un immaginario Midwest che li contiene e in un certo senso li imprigiona. Come se non potesse esserci vita, fuori da certi confini e da certi percorsi battuti da secoli.

 

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