Se c’è una cosa che so con certezza è che non consigliere “La clausola del figlio“ di Jonas Hassen Khemiri, edito da Einaudi, a chi ancora non ha figli e sta valutando se averne o meno. La lettura di questo romanzo potrebbe spegnere infatti ogni velleità genitoriale…
Come ogni anno, un “padre che è anche un nonno” torna in Svezia a curare i suoi interessi e visitare la famiglia che ha abbandonato. Il padre ha cultura e tradizioni che si scontrano con la “svedesità” dei figli. E il suo atteggiamento borioso non facilita di certo i rapporti.
Un tacito accordo vincola il figlio maggiore, che è anche un padre, odia il suo lavoro e si sente a disagio nella sua vita, a occuparsi di lui a ogni penoso ritorno. Anche sua sorella è già madre e incinta di un altro bambino che non è sicura di voler tenere. Ma dieci giorni possono influenzare in modo inatteso le dinamiche di una famiglia tormentata dai fantasmi del passato e dai non detti del presente.
Al di là delle battute sulla genitorialità con cui ho aperto la recensione – quello descritto in queste pagine non è un affresco idilliaco di come può essere avere uno o più bambini sotto i sei anni in giro per casa, ma vi assicuro che non tutti i bambini sono uguali, quindi, futuri genitori, don’t worry! -, quello che ho apprezzato in modo particolare di “La clausola del padre” è la sua capacità di far riflettere.
Guardare alla propria vita con obiettività non è semplice – siamo troppo presi a viverla, a mio avviso, per riuscirci. Ma a questa mancanza suppliscono, talvolta, i libri, che, raccontando la storia di qualcun altro, mettono come uno specchio davanti a noi. E in questo specchio riusciamo a vederci “da fuori”, a valutare davvero i nostri comportamenti.
Il libro di Jonas Hassen Khemiri parla di rapporti genitori-figli, di problematiche di coppia, di lavoro, dipendenze, della paura di invecchiare e di quella di non trovare mai il proprio posto nel mondo. Parla di persone – prima che personaggi – “normali”, per quanto complicate e disfunzionale, persone in cui è facile rivedersi, almeno un pochino.
Una romanzo scritto bene e scorrevole, che racconta senza filtri la contemporaneità, con tutto il bello e tutto il brutto. Un romanzo che fa una fotografia realistica, per quanto impietosa, dei trentenni di oggi, che come tutti coloro che li hanno preceduti hanno chiaro in mente quello che non vogliono essere – in primis simili ai propri genitori – e molto meno chiaro quello che vogliono essere.
A molti capiterà di essere al contempo genitori e figli, e più avanti genitori e nonni. Il modo con cui scegliamo di affrontare questa doppia – o tripla sfida – dipende solo da noi.