Un film di Lars von Trier. Con Matt Dillon, Bruno Ganz, Riley Keough, Sofie Gråbøl, Uma Thurman, Siobhan Fallon Hogan. Thriller. Danimarca, Francia, Germania, Svezia, 2018
Usa anni ’70. Jack è un serial killer dall’intelligenza elevata che seguiamo nel corso di quelli che lui definisce come cinque incidenti. La storia viene letta dal suo punto di vista, gli omicidi descritti come opere d’arte. Jack espone le sue teorie e racconta i suoi atti allo sconosciuto Verge il quale non si astiene dal commentarli.
Fino a oggi al Festival di Cannes mancava il film scandaloso, controverso, il film capace di dividere pubblico e critica. Ci ha pensato Lars von Trier con il suo “La casa di Jack” a colmare il vuoto.
Si tratta di un film spiazzante, provocatorio, violento, feroce ma anche ironico e simbolico, difficile se non impossibile da sintetizzare in poche righe.
Il regista danese utilizza l’escamotage narrativo della confessione laica/dialogo tra il serial killer Jack (Dillon) e il misterioso Verge (Ganz), che ascolta il racconto del primo ma non si esime dal commentarlo, addentrandosi nella definizione di Bene e Male.
“La casa di Jack” va visto come un tentativo ambizioso quanto ardito da parte di von Trier di riscrivere in chiave dark la Commedia dantesca, ambientandola al contempo negli Stati Uniti degli anni ’70.
Come un novello Dante, il protagonista si è smarrito nella selva oscura, ma a differenza del poeta fiorentino, lui ha trovato se stesso nel buio. Lo spettatore si prepari quindi a un viaggio nell’orrore e nel grottesco, declinato nei 5 “incidenti” che hanno trasformato Jack nello spietato assassino che è.
Uomo represso quanto vanesio, braccato dal rimorso di non aver conseguito la laurea in architettura, è davvero convinto che il suo genio possa esprimersi massacrando innocenti, e componendoli poi in pose creative da fotografare.
Distruzione e morte sono alla base della sua contorta idea di bellezza e di arte, ma anche per il serial killer scatta l’inesorabile legge del contrappasso…
“La casa di Jack” non è sicuramente un film per tutti – noi lo sconsigliamo a chi è molto sensibile o ha lo stomaco debole. Ciò nonostante von Trier è riuscito nell’impresa di costruire un impianto narrativo dove si alternano con armonia orrore e comicità, mostruosità e momenti di profonda riflessione.
Parte del merito va anche alle convincenti interpretazioni di Matt Dillon e Bruno Ganz. Il secondo colpisce soprattutto quando non è presente fisicamente in scena ma si palesa con la sua voce profonda e ipnotica. Ma in ogni caso l’alchimia tra i due attori è evidente.
Peccato forse per il finale, un po’ troppo allungato e prolisso, dove il regista ha voluto dare una vistosa e simbolica punizione alle malvagie azioni di Jack. Chi lo avrebbe mai detto che Lars von Trier, in fondo in fondo, fosse un omone dal cuore puro?
Il biglietto da acquistare per “La casa di Jack” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio (fuori concorso). Ridotto. Sempre.