Un film di Jonathan Dayton, Valerie Faris. Con Emma Stone, Steve Carell, Elisabeth Shue, Alan Cumming, Sarah Silverman, Eric Christian Olsen. Biografico, 121′. USA, Gran Bretagna, 2017
Billie Jean King, tennista californiana e campionessa in carica, combatte per ottenere, a parità di mansioni, la stessa retribuzione dei colleghi. Ma al debutto degli anni Settanta le cose non sono così semplici. Sposata con Larry King ma innamorata di Marilyn Barnett, Billie è impegnata a risolversi sul fronte privato e su quello pubblico, dove accetta e affronta la sfida lanciata da Bobby Riggs, ex campione a riposo. Machista e accanito scommettitore, Riggs vuole dimostrare sul campo la supposta superiorità maschile. Il 20 settembre 1973 all’Astrodomo di Houston in Texas va in scena “la battaglia dei sessi”, la partita di tennis più famosa della storia. La posta in gioco: cento mila dollari e un set guadagnato all’emancipazione femminile.
A noi donne si chiede di accontentarci delle briciole, ne parlo in tutti i miei discorsi: le donne si meritano la torta, la glassa e pure la ciliegina, esattamente come gli uomini. Questo comunque è un film per tutti, non solo per le donne, mostra quanto vulnerabili siano le persone e come la vita sia incasinata ma pure gioiosa.
Billie Jean King
Per scrivere una buona recensione, recitano i manuali di giornalismo, prima di tutto si dovrebbe introdurre il film in questione, per poi passare ad analizzare trama, tematiche affrontate, personaggi, costruzione della sceneggiatura e dei dialoghi, recitazione. Il pezzo perfetto si chiude con un bilancio su quello che va, nel film, e quello che non va.
Personalmente credo che una recensione di questo tipo – definiamola standard – possa andare bene per molti film, ma non per tutti. Ecco “La battaglia dei sessi” rientra tra questi ultimi.
Online si legge che la pellicola di Jonathan Dayton e Valerie Faris è un biopic sullo sport. Mi dispiace deludervi: questo film non è un biopic né tanto meno un film sullo sport. Racconta la vita della tennista Billie Jean King, ma non è neppure un film femminista. E per mescolare ancora di più le carte in tavola, non è nemmeno speculare a ciò che di lui si racconta nel trailer.
Il punto è che “La battaglia dei sessi” è semplicemente un bel film, e come tale si rivolge a un pubblico eterogeneo facendo quello che molte pellicole si scordano, ahinoi, di fare: emozionare. Ma come raccontare a chi legge e ancora non lo ha visto un’emozione?
Con uno sguardo intimo, delicato, decisamente molto profondo, lo sceneggiatore Simon Beaufoy (“Slumdob Millionaire”) e i registi Dayton e Faris (“Little Miss Sunshine”) raccontano la storia di due avversari e amici, che nel 1973, nell’arco di tre set di tennis, cambiarono le sorti di questo sport e dell’intera società americana: Billie Jean King (Stone) e Bobby Riggs (Carrell).
Presentato in anteprima mondiale al Telluride Film Festival, “La battaglia dei sessi” affronta il tema ancestrale degli uomini contro le donne con un insolito sguardo imparziale, che guarda al problema come a un’occasione per interrogarsi soprattutto sulla necessità di essere onesti con se stessi.
Con grande maestria, Dayton e la Faris trattano l’evento (reale) che ha cambiato le sorti delle donne nello sport come un’occasione per riflettere sulle bugie quotidiane che ci raccontiamo e sulle reazioni che abbiamo quando queste vengono svelate, per invitarci a compiere grandi atti di coraggio.
Per questo, il film rompe i paradigmi di ogni genere a cui sembra appartenere, trattenendo il meglio di ognuno per portare avanti un discorso interessante e commovente sul significato dell’uguaglianza, ovvero il guardare all’individuo e dare a ognuno una possibilità.
L’ironia della sceneggiatura e la delicatezza della telecamera – che è così intimistica da risultare impercettibile – si combinano perfettamente con il talento e il grande lavoro interpretativo di una Emma Stone magistrale e di uno Steven Carrell sensazionale. La regia ci tiene incollati sul bordo della sedia, la profondità e leggerezza della recitazione ci spingono a riflettere.
Il film stupisce per come tratta temi importanti e attuali – come la perenne lotta delle donne contro il maschilismo o l’importanza della libertà di espressione sessuale e personale – senza risultare eccessivo, con un perfetto equilibrio tra fotografia, regia, musiche e recitazione. Non è mai troppo né troppo poco, sa quando fermarsi, quando cambiare prospettiva e come parlare alla tua vita.
Stupisce perché è un film forte, personale, ma anche divertente, che sa raccontare una storia di grande impatto sociale e personale senza mai sfociare in inutili moralismi o banali slogan.
Emoziona e coinvolge perché rivolge incessantemente quella stessa domanda scomoda che Billie Jean King, per tutto il film, rivolge a chi non vuole giudicarla per le sue capacità: “What is your argument?” (Qual è la tua argomentazione?)
Se possiamo permetterci un consiglio, quando andrete a vedere “La battaglia dei sessi” al cinema (uscirà in Italia il 19 ottobre) lasciate a casa ogni aspettativa, ogni pregiudizio e ogni preconcetto, e preparatevi a godervi uno di quei film – e non sono tanti – capaci di lasciare emozioni forti, e lacrime sul viso, anche quando la finzione finisce e si riaccendono le luci in sala.