Imporsi in uno dei concorsi per racconti indetti da Chrysalide non è cosa da tutti. Se poi il concorso in questione è stato anche l’ultimo organizzato dalla collana Mondadori dedicata al mondo del fantasy e del paranormal (la collana che ha lanciato Licia Troisi, per fare solo un nome) un po’ di sano orgoglio è più che giustificato.
Nonostante dopo quella esperienza la pubblicazione dell’agognato romanzo sia ancora lontana, Alessandro Renna non si è perso d’animo e con umiltà e tanta auto-ironia ha continuato a mettersi in gioco, facendolo quello che gli riesce meglio, scrivere.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con questo autore in occasione del blog tour organizzato da Le tazzine di Yoko per promuovere l’antologia di racconti “Destini incrociati”, a cui Renna ha partecipato con “Demone di primo livello”.
Ciao Alessandro, benvenuto. Iniziamo da principio: come nasce in te la passione per la scrittura?
Be‘, il primo passo è stata la lettura. Mi sono emozionato davanti a delle storie, ho realizzato che erano frutto della sensibilità di alcuni scrittori… ma gli scrittori sono persone e mi sono detto che allora avrei potuto farlo anche io. La prima volta che ho scritto qualcosa è stato circa una ventina d’anni fa (la storia di robot in coppia con un compagno di classe ai tempi delle elementari non credo conti), e il fatto divertente è che allora, più che una voglia di raccontare, a spingermi fu la voglia di “riraccontare”. Avevo appena finito di leggere un romanzo che, dopo emozioni e grandi aspettative, si era concluso con una delusione enorme. Eppure io sapevo come sarebbero dovute andare le cose, avevo uno sviluppo alternativo ben chiaro in mente, e allora ci ho provato. Dopo una trentina di pagine, però, mi sono dovuto arrendere all’evidenza che non è poi così semplice scrivere, in particolare storie lunghe, anche se sul momento ti sembra di avere tutto chiaro in testa (trama, personaggi, ambientazione). Non bastano le idee, ci vuole tecnica e per acquisirla bisogna andare per gradi. Ma io sono un testone e trovandomi con una caviglia slogata ho provato a scrivere un altro romanzo. Per arrivare a correre bisogna prima imparare a camminare e quando, finalmente, l’ho capito mi sono cimentato con la scrittura di racconti. È stato frequentando il forum del sito la Tela Nera che ho iniziato a prendere le mie prime botte (i commenti ai miei lavori erano tutt’altro che lusinghieri) e di conseguenza ad abbassare la cresta (questa è una pura metafora… io di capelli ne ho ben pochi) e a capire che cos’è un incipit, uno svolgimento e un finale.
Se dovessi presentare l’Alessandro Renna autore diresti?
Non saprei. Dicono che gli autori, soprattutto gli aspiranti, sono dei pavoni alla ricerca della gloria personale, ma allora perché non so descrivermi? Be’, che son senza capelli ormai lo sapete. Sì, sto dicendo apposta stupidate per prendere tempo… Allora, direi che Alessandro Renna è un incompreso. Lasciando perdere discorsi filosofici o vittimistici, quel che intendo è che gli amici sono tutt’altro che propensi ad assecondare la mia passione – la scrittura non è tra i loro interessi, men che meno lo è la mia. Sul lavoro, poi, l’italiano mi serve solo per scrivere lettere di servizio e il burocratese la fa da padrone. Forse l’Alessandro autore è quello che viene fuori proprio quando inizia a scrivere – un’altra banalità, ma credo renda l’idea. Quando sono animato dall’ispirazione un po’ mi trasformo, penso sempre e solo alla storia che ho in testa e sono contento solo quando riesco a metterla su carta. Scrivere è davvero un atto che mi realizza. Non dico una droga, non esageriamo, ma un piacevolissimo energetico sì.
Hai vinto uno degli ultimi concorsi indetti da Chrysalide di Mondadori. Ci racconti com’è andata?
Mi sembra che quelli di Chrysalide non ne abbiano organizzati altri e questo mi dà motivo per pavoneggiarmi ulteriormente. Scherzi a parte, come ho già avuto modo di raccontare alle ragazze del blog “Le tazzine di Yoko”, sono stati gli amici conosciuti sul forum della Tela Nera a convincermi a partecipare. Su cinque generi, per altrettante categorie previste dal concorso, ho partecipato con quattro racconti: Fantasy, New Romance, Fantascienza e Realistico. Non mi aspettavo nulla – non si tratta di falsa modestia, è che le storie che ho scelto di inviare non ho avuto tempo di farle rileggere a nessuno nella loro forma definitiva e, anche se avevo tenuto conto delle osservazioni ricevute da chi le aveva lette prima che ci rimettessi mano, be’, ero alquanto scettico. E invece poi ho scoperto di essere tra i finalisti della categoria Fantascienza e da quel momento, per due settimane, sono stato preda dell’ansia. Ho provato a far finta di nulla, ma aspettare di andare a Lucca per ricevere il verdetto è stato davvero pesante e quell’ultima ora, prima di sentir leggere il nome dei vincitori, insopportabile. Mi hanno chiamato sul palco per premiarmi come vincitore della sezione Fantascienza, poi gli aguzzini sul palco hanno aspettato che tornassi a sedermi sulla mia poltroncina per richiamarmi come vincitore assoluto del concorso. Ecco, tutto sfuma in una girandola di ricordi molto intensi: Licia Troisi che mi premia, io che alzo le mani e urlo il nome di mio figlio guardando mia moglie in fondo alla sala che fino all’ultimo momento aveva rischiato di rimanere fuori. Sì, davvero un’esperienza piacevolissima, inebriante. Un’esperienza che poi, però, un po’ di retrogusto amaro in bocca me l’ha lasciato. Non voglio essere polemico con Mondadori, anzi, mi sono molto ricreduto su questa casa editrice. Il punto è che credevo, con quel risultato, di entrare in una specie di squadra di “osservati speciali” (come succede nel mondo del calcio coi talent scout), ma non è andata così. In Italia, purtroppo, le case editrici puntano su chi ha già un prodotto finito tra le mani e un nome da spendere. Comunque adesso credo molto di più in me stesso come scrittore, e anche se la certezza di pubblicare un libro non me la da nessuno, sono molto più convinto di potercela fare. Un po’ com’è successo a Giulia dal Mas, vincitrice del Chrysalide nella sezione Realistico, che ha appena pubblicato un romanzo con Rizzoli.
Il racconto con cui partecipi all’antologia Destini incrociati, “Demone di primo livello”, rientra nel genere paranormale. Perché hai scelto di esplorare questo territorio?
Ancora una volta il merito è del forum della Tela Nera. Personalmente amo il paranormale, ma se devo scrivere sono più indirizzato verso il realistico, con qualche sconfinamento nel surreale (non sapete quanto tempo mi ci è voluto per arrivare a capire che è questo il mio genere). Sul forum mi sono trovato però a cimentarmi un po’ con tutti i generi. Nel caso di “Fantasma di Primo Livello” ho spinto molto sull’aspetto comico. Da tutte le mie precisazioni tra parentesi, credo sia evidente che mi piaccia sdrammatizzare con qualche battuta, e appena mi sono addentrato all’Inferno per seguire il cammino di alcune “anime fresche di dipartita”, ho sentito di dover alleggerire il tutto con la presenza di un vecchietto che… ne sapeva una più del diavolo!
E a cosa ti sei ispirato per la tua storia?
Confesso che un vero modello non ce l’ho avuto. Devo dire, però, che dopo aver buttato giù la prima parte, non sapendo esattamente dove andare a parare (contrariamente a quel che dicono diversi manuali di scrittura creativa, mi capita spesso di iniziare a scrivere senza sapere esattamente dove voglio arrivare) mi sono sentito di dover fare un po’ come quei monelli che, piuttosto che perdere a scacchi (ma va bene anche Risiko, Monopoli, Dama, Scarabeo o qualsiasi altro gioco da tavolo), buttano tutto all’aria. Così quel “tenero” vecchietto me lo sono immaginato come una sorta di Oliver Twist, un Oliver molto diverso da quello che conosciamo in letteratura, ovviamente.
Archiviata quest’avventura, stai già lavorando a qualcosa di nuovo?
Sì, ci sono tutti i mega romanzi che ho iniziato e mai finito. Scherzi a parte, adesso che ho compreso qual è il genere a me più congeniale, mi sto dedicando alla stesura di un romanzo provvisoriamente intitolato “Metropolitan Bushido”, in cui un depresso prossimo al suicidio inizia un percorso di redenzione grazie alla voce di un “maestro di vita” orientale che sente solo lui. Anche qui non so bene dove voglio andare a parare, ma le prime cinquanta pagine stanno riscuotendo un discreto successo tra i pochi che le hanno lette e mi sto convincendo di essere sulla strada giusta. Purtroppo scrivere non è la mia professione principale e, fuori dal lavoro, ho una bellissima famiglia con due piccoletti di dieci mesi e quattro anni che mi tengono impegnatissimo – ultimamente quando io e mia moglie abbiamo del tempo libero mi sembra davvero strano. Ma ce la farò! L’idea è buona e quando do vita al mio personaggio mi sento davvero felice.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro? E il tuo sogno nel cassetto?
Pubblicare “Metropolitan Bushido”. Spero davvero di avere una prima stesura completa entro sei mesi, ma il tempo per farlo è davvero poco… Ah già, scusate, devo correre a preparare la festicciola per il compleanno di mio figlio.
Ciao e grazie per avermi ospitato.