“Quelle belle ragazze”, l’ultima fatica letteraria di Karin Slaughter, porta il lettore a porsi un’unica domanda: di chi ci si può fidare davvero? Questo quesito è uno degli elementi chiave su cui si basa l’intera storia, il primo thriller psicologico dell’autrice.
Il romanzo si apre con il brutale assassinio di uomo, ucciso davanti agli occhi della moglie. Dopo il funerale lei torna a casa e, guardando nel computer dell’uomo, scopre qualcosa che nessuna moglie vorrebbe mai scoprire…
Ma questo non è che il primo punto oscuro: “Quelle belle ragazze” è infatti un libro che tiene il lettore con il fiato sospeso fino all’ultima pagina. C’è un altro grande mistero a cui Claire non riesce a dare una risposta – la scomparsa di due donne in circostanze misteriose. C’è un legame tra queste sparizioni e la morte di Paul?
“Quelle belle ragazze” è stato definito il thriller dell’anno, comparato alla trilogia Millennium di Stieg Larsson perché racconta una storia feroce di violenza sulle donne.
Abbiamo avuto la possibilità di incontrare Karin Slaughter, autrice da oltre 35 milioni di copie vendute in tutte il mondo, per scoprire qualcosa in più su questo nuovo lavoro che ha già conquistato anche i lettori italiani.
Buongiorno Karin, grazie di essere qui con noi per parlare del tuo ultimo libro, pubblicato in Italia da HarperCollins.
Quando il lavoro di uno scrittore viene paragonato a quello di un altro si rischia sempre di creare un po’ di confusione letteraria. Il tuo “Quelle belle ragazze”, per esempio, è stato comparato alla trilogia di Larsson. Che ne pensa del confronto? E lei, quei libri, li ha letti?
Onestamente, come autrice che ha descritto spesso personaggi femminili molto forti (e come amica di autrici che hanno fatto altrettanto), è un po’ strano sentir parlare di Larrson come la penna che ha creato l’eroina femminile/femminista per eccellenza. Secondo me è ancora migliore, ad esempio, l’approccio di David Lagercrantz, che ha descritto un personaggio più aderente alla realtà, con un’indagine psicologica più accurata. Ecco forse sono queste piccole cose che rendono i miei personaggi diversi da quelli di Larsson, nonostante alcune tematiche in comune.
È il suo primo thriller psicologico e affronta un tema molto attuale che, purtroppo, spesso troviamo sulle prime pagine dei giornali: la violenza sulle donne. Perché ha scelto questo argomento?
Non ho mai tenuto il conto degli omicidi avvenuti nei miei libri – può darsi che il numero di “morti”, tra uomini e donne, sia lo stesso. Penso che probabilmente la violenza contro le donne sia più avvertita in questo momento storico, a torto o a ragione; forse, inconsciamente, ci sembra più probabile che una donna possa essere vittima di un crimine violento. Il che è sbagliato, perché negli Stati Uniti, ad esempio, la proporzione è inversa.
Errori di prospettiva a parte, perché pensa che al pubblico piaccia tanto leggere storie violente e a loro modo macabre di ispirazione reale?
Penso che ci sia una naturale curiosità e un po’ di distacco che ci fa leggere una storia come questa ed esserne coinvolti, ma al contempo, dire “cose così a me non accadranno mai”. Si legge una storia di questo tipo per evadere, per fuggire… e a volte anche per esorcizzare i nostri demoni.
Online possiamo trovare “Capelli biondi, occhi azzurri”, il prequel di “Quelle belle ragazze”. Come sono nate queste due storie?
Il prequel, in realtà, è nato a posteriori. Sentivo che dovevo in qualche modo dare a Julia la possibilità di raccontarsi, di “essere” in prima persona, prima di lasciarla andare, prima di farla diventare solo una vittima.
In “Quelle belle ragazze” lei non lascia nulla all’immaginazione. Descrive senza mezzi termini violenze e torture, come il waterboarding a base di urina. Da donna, quanto è stato difficile raccontare certi episodi? E che tipo di ricerca c’è dietro alla scrittura?
Tantissime situazioni si possono studiare anche solo online, senza contatti reali; inoltre io parlo spesso con gli agenti del Georgia Bureau of Investigation, gli agenti di polizia di Atlanta, in modo da avere un’idea realistica di come affrontare i crimini di cui sto scrivendo. In realtà il cuore del libro non è il crimine, è la reazione che i personaggi hanno davanti al crimine e come cambia la loro vita in seguito a quanto accaduto. Non voglio turbare i lettori né risultare eccessivamente cruda in quello che racconto. Il vero shock, al contrario, dovrebbe verificarsi i personaggi mostrano la propria umanità, nonostante tutto.
Prima di lasciarci, per la gioia dei nostri lettori, vogliamo chiederle se sta già lavorando ad un nuovo libro.
Sì, sto lavorando al mio prossimo romanzo. Sto “ricucendo” i rapporti con il personaggio di Will Trent, che per due anni è rimasto dietro le quinte, visto che stavo lavorando a questo thriller psicologico. Credo inoltre che nel frattempo viaggerò molto – magari andrò in Germania, che è una delle mie mete preferite.
Grazie a Karin Slaughter per essere stata con noi.