Intervista all’autrice Lisa Lorenzi

Sognavo di sposare il principe azzurro, Lisa LorenziDall’auto-pubblicazione digitale all’edizione cartacea per libro/mania, la storia di Lisa Lorenzi è l’esempio lampante di come, grazie alle nuove opportunità offerte dal mercato editoriale moderno, si possa arrivare a traguardi importanti anche senza essere un personaggio già famoso.

Nel suo primo romanzo, “Sognavo di sposare il principe azzurro“, l’autrice affronta con leggerezza e brio temi attualissimi come il lavoro ai tempi della crisi, e la paura che sempre più uomini dimostrano nell’impegnarsi in una storia d’amore seria.

Abbiamo parlato con Lisa Lorenzi delle vicende editoriali del suo esordio, ma anche della capacità di reinventarsi degli scrittori e dei suoi progetti per il futuro.

 

Come nasce in te la passione per la scrittura?
Fin da bambina ho avuto la passione della lettura, e scrivere è sempre stato il mio sogno (dicevo già allora che avrei voluto scrivere un romanzo rosa – cosa che finalmente ho fatto!). Della lettura mi piaceva la possibilità di vivere più di una vita, di immedesimarmi nei personaggi e di vivere le loro emozioni. Amavo inoltre fantasticare e inventarmi storie, forse anche perché essendo figlia unica giocavo molto spesso da sola. Insomma, come la protagonista del mio libro “Sognavo di sposare il principe azzurro” ho sempre fantasticato molto a occhi aperti. Mi ci è voluto però molto tempo prima di decidermi a scrivere. La scrittura infatti è impegnativa e ti mette alla prova, facendoti scoprire e dialogare con le tue “zone d’ombra”. E devo ringraziare il mio ex marito, Francesco, per avermi spinto a frequentare un Master di sceneggiatura presso l’Università Cattolica di Roma, che mi ha dischiuso il meraviglioso mondo della scrittura e delle sue “regole”. Adesso che finalmente ho scoperto questa passione, mi sembra di non poterne fare più a meno e, facendo un altro lavoro, cerco di ritagliarmi tutti gli spazi possibili per scrivere, nei weekend, alla sera, persino in treno.

Dalla tua biografia leggiamo che, prima dell’esordio narrativo, ti sei dedicata alla saggistica e che attualmente ti occupi di marketing e comunicazione. Come riesci a far convivere le tue diverse anime?
Come dicevo, il problema maggiore dell’avere diverse anime è che non ho mai abbastanza tempo, materiale e mentale, a disposizione per dedicarmi a una soltanto di queste. La mia attività lavorativa si riflette sulla mia scrittura in due modi. Innanzitutto sul versante marketing. Per deformazione professionale considero ciò che scrivo anche come un “prodotto”, sia nella fase di promozione – dove sono piuttosto attiva sui social e sui blog -, sia in quella di scrittura e ideazione, ponendomi il problema, ad esempio, di quale sia il genere del libro, lo stile più adatto al genere, i modelli e le altre scrittrici di riferimento e via dicendo. In secondo luogo la mia attività lavorativa mi è utile sul versante dell’ispirazione. Una parte rilevante di “Sognavo di sposare il principe azzurro” è incentrata sulla vita d’ufficio e sul tema della situazione lavorativa tipica delle aziende nei tempi di crisi, che culminerà poi nel licenziamento della protagonista.

E cosa, del tuo lavoro di saggista, hai portato nella tua scrittura?
I miei saggi risalgono ai tempi dell’università e vertono tutti sull’analisi dell’immagine delle donne nella letteratura, nell’arte e nel cinema a cavallo tra Otto e Novecento. In essi analizzavo alcune tipologie femminili ricorrenti (donne fatali, vampiro, angelo, floreali), evidenziando come certe rappresentazioni non riflettessero la realtà, ma fossero modelli influenzati dagli “archetipi” della nostra cultura (la Gran Madre buona e cattiva, Eva e Maria) e come non fossero rappresentazioni “innocenti”, bensì portatrici di valori spesso legati alla sottomissione, se non alla demonizzazione del femminile – basti pensare alle recenti battaglie sull’immagine femminile nei media e in pubblicità. L’essermi occupata di questi temi mi ha dato maggior consapevolezza dei modelli sottostanti ai personaggi e della loro funzione all’interno della storia. Peccato poi che io per prima, come scrittrice, a tali modelli non riesca a sfuggire! Il bel tenebroso, il bello impossibile non sono in fondo degli archetipi del nostro inconscio collettivo? Basti pensare alla figura dello sceicco esotico nel mio secondo romanzo, l’e-book “Come un fiore nel deserto”, o a quella, tanto di moda, del vampiro.

Ma soprattutto, c’è un ruolo in cui ti senti più a tuo agio? Insomma, se dovessi scegliere una sola professione per tutta la vita, sarebbe?
Senza dubbio quello della scrittrice.

Parliamo del tuo libro, “Sognavo di sposare il principe azzurro”, un romance a tutti gli effetti.
Si tratta di una commedia romantica che parla di come, per realizzare i propri sogni (in campo amoroso ma non solo), si debba avere il coraggio di rischiare e di essere se stessi. È un romance ironico e contemporaneo alla Kinsella, con una protagonista buffa e “imperfetta” stile Bridget Jones, che scherza sul sogno, comune a molte donne, di trovare il principe azzurro e su come per trovarlo si cerchi di essere perfette adeguandosi a quello che si immagina che gli altri si aspettino da noi. Il principe azzurro, invece, la protagonista lo troverà solo quando imparerà ad accettarsi così com’è, superando le sue insicurezze, e soprattutto quando oserà realizzare le sue vere aspirazioni, anche lavorative.

A cosa ti sei ispirata per scriverlo?
Il romanzo nasce come soggetto cinematografico quando studiavo sceneggiatura. La prima ispirazione mi è venuta dal film “C’è posta per te”, di Nora Ephron, su cui si sono poi inseriti modelli di letteratura chick lit – come Sophie Kinsella, Helen Fielding e altre autrici italiane – e naturalmente la grande madre di tutte noi, Jane Austen. L’idea per Falce di Luna, la protagonista, è nata invece leggendo “Tonio Kroger” di Thomas Mann. Dietro l’aspirazione di Luna a una vita normale, sicura e borghese, in opposizione ai genitori ex hippy, artistici, scombinati e sempre al verde, c’è infatti, molto nascosto, il conflitto vita artistica/vita borghese di Tonio Kroger.

C’è qualcosa di te o della tua esperienza reale nella protagonista e nelle vicende narrate?
Nel romanzo ci sono riferimenti a situazioni normali nel mondo di oggi, spunti da “chiacchiere tra amiche”, in cui credo ci si possa identificare. Si parla, come accennavo prima, di vita d’ufficio e crisi occupazionale, ma anche del mondo degli incontri online, degli uomini che non si vogliono impegnare, e via dicendo. Ci sono poi, sì, anche alcuni miei tratti autobiografici. Tra questi, il background familiare intellettuale/artistico di sinistra anni ’70 da cui la protagonista rifugge aspirando alla “normalità” e la mancanza di fiducia nella capacità di realizzare i propri sogni con conseguente accettazione di situazioni a metà.

Una curiosità personale: Lisa Lorenzi è una sorta di pseudonimo – o se vogliamo un gioco di parole, che riprende il tuo vero nome – oppure è il tuo nome di battesimo?
Lisa Lorenzi è uno pseudonimo e riprende il mio vero nome, modificandolo leggermente e rendendo meno particolare il mio nome di battesimo, Lisetta. Anche qui sono un po’ come la protagonista del mio romanzo, che preferisce farsi chiamare con un nome più comune, Luna, invece di Falce di Luna, il bizzarro nome d’ispirazione pellerossa che le hanno affibbiato i suoi!

Il tuo romanzo ha una vicenda editoriale particolare. Dopo essere uscito solo in digitale è stato di recente ripubblicato anche in cartaceo da libro/mania di DeAgostini Editore. Ti va di raccontarci qualcosa di questa tua esperienza?
In realtà il romanzo è passato per tre fasi di pubblicazione: auto-pubblicazione come eBook su Amazon, pubblicazione digitale con Libro/mania (a cui l’avevo inviato dopo avere saputo, grazie a un tweet della scrittrice Valeria Luzi, dell’esistenza di questa possibilità) e pubblicazione cartacea. Già il secondo passaggio, dall’auto-pubblicato a Libro/mania, per me è stato molto importante. Essendo infatti il mio primo romanzo ero molto insicura sul risultato e sulla sua qualità ed essere selezionata da una casa editrice mi ha dato le conferme di cui, in quel momento, avevo bisogno. La pubblicazione cartacea è stata poi la realizzazione di un sogno.

Com’è stato, dopo la pubblicazione in digitale, sapere che “Sognavo di sposare il principe azzurro” sarebbe arrivato fisicamente nelle librerie?
Una grande gioia. Trattandosi poi del mio primo libro, ancora di più.

Per un autore poco importa il formato, se un libro viene letto e apprezzato (quindi il successo riscosso dall’ebook era già una soddisfazione sufficiente per te) oppure il cartaceo ha ancora dalla sua una sorta di prestigio e vedere il proprio libro stampato e venduto in concreto dà un qualcosa in più?
Sarò un po’ vintage, ma la carta mi fa ancora un grande effetto. La pubblicazione tradizionale, per me, è stata come una nascita. Vedere che ciò che era solo nella mia immaginazione esiste concretamente, che è un oggetto che posso prendere in mano e che nelle librerie è accanto ai libri delle scrittrici che ammiro e che amo… è una grande emozione. Quando in libreria ho visto “Sognavo di sposare il principe azzurro” a fianco dei libri della Kinsella non ci potevo credere.

Due edizioni della stessa storia nel giro di un anno. Quali sono, concretamente, le differenze tra la prima e le seconda versione di “Sognavo di sposare il principe azzurro”? Insomma, un libro uscito solo in ebook prima di diventare cartaceo subisce un’opera importante di revisione oppure viene riproposto tale e quale?
Nel passaggio dall’eBook al cartaceo il romanzo è stato sottoposto a un’accurata azione di editing ad opera della editor Marina Migliavacca Marazza, che ancora una volta ringrazio, e con cui mi sono trovata in grande sintonia. Le modifiche sono state soprattutto sul linguaggio e sullo stile, che Marina, grazie alla sua grande competenza, ha reso più vivace e frizzante. La struttura del romanzo è invece rimasta invariata. Per me è stata una bellissima esperienza da cui spero di avere imparato cose utili per i miei prossimi libri.

Da autrice esordiente, almeno nel campo della narrativa, come valuti, la situazione editoriale italiana? C’è apertura verso i giovani e le nuove idee? E quanto ha cambiato il panorama l’auto-pubblicazione e il mercato digitale?
Non sono un’esperta sul versante case editrici, ma senza dubbio il self publishing sta rivoluzionando tutto, spingendo gli editori a occuparsi della questione e in tal modo ad aprirsi verso gli autori che emergono grazie all’auto-pubblicazione. Probabilmente senza il mercato digitale non sarei mai riuscita a pubblicare il mio romanzo, e come me tanti altri. Come in altri campi (pensiamo ad esempio alla politica) il digitale sta rivoluzionando i processi tradizionali a cui si era abituati. Saltano i vecchi sistemi di conoscenze e magari se ne creano altri. In prospettiva quali siano nell’insieme le opportunità rispetto ai pericoli (ad esempio la pirateria, il rischio di perdere di vista la qualità, il prezzo al ribasso), i vantaggi rispetto agli svantaggi è difficile da dire. Siamo immersi nel cambiamento e non si può fare altro che cavalcarlo e cercare di cogliere le opportunità che offre.

In Italia oggi gli aspiranti scrittori e gli emergenti sono una vera e propria tribù. Dopo questa tua esperienza, quale consigli ti sentiresti di dare ai colleghi che sognano di sfondare?
Di provare con il self publishing e le opportunità che oggi ci sono sul web. Oltre al discorso della pubblicazione, Internet è infatti molto utile anche per entrare in contatto con i blog e i gruppi che si occupano di scrittura, che possono dare consigli, fare segnalazioni e recensioni e su cui si possono creare amicizie con persone con cui si condividono gli interessi. Sia per proporsi a un editore che per auto-pubblicarsi, consiglio inoltre di capire bene a che genere appartiene il proprio libro e di studiare come si muovono gli altri autori, come vengono proposti i loro libri, in modo da fare lo stesso.

Ma insomma, tirando le fila, secondo te di scrittura si può ancora vivere o è meglio avere un lavoro complementare, un’alternativa che aiuti a pagare le bollette?
Nel mio caso, per ora è sicuramente meglio avere un lavoro complementare. Credo però che, se si fa narrativa commerciale, scrivendo storie di generi che il pubblico apprezza, si possa ipotizzare di fare della scrittura il proprio lavoro. Ma senza essere autori di best-seller ci si può dedicare alla scrittura, a patto di integrare l’attività di romanziere con altre collaterali, ad esempio docenze in corsi di scrittura o simili.

Dopo l’uscita del tuo romanzo in libreria ad aprile, quali sono adesso i tuoi progetti? Stai già lavorando a qualcosa di nuovo?
Sto rivedendo il mio romance erotico “Come un fiore nel deserto”, auto-pubblicato su Amazon con lo pseudonimo di Virginia Lisi, per proporlo a un editore. L’idea mi sembra buona, non a caso ha venduto più di 2.500 copie sullo store online; ci sono però alcuni punti da rivedere. Sto anche pensando al mio prossimo libro, una commedia romantica con una protagonista, questa volta, inglese, in modo da aprirmi alla possibilità di eventuali edizioni estere.

E il tuo sogno nel cassetto?
Poter vivere di scrittura, ovviamente.


 

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