Nella Germania di Mozart con “Il matrimonio delle sorelle Weber”

Stephanie Cowell firma per Beat edizioni un romanzo dalla bella ambientazione ma un po' freddo

C‘è qualcosa di “Orgoglio e Pregiudizio” e qualcosa di “Piccole donne“, nel romanzo Il matrimonio delle sorelle Weber di Stephanie Cowell edito da BEAT.

Come nel libro della Austen, anche qui vediamo una madre intenta a pianificare proficue – e fantasiose, aggiungerei – unioni per le figliole in età da marito. Questa madre è più arrivista e meno bonaria dell’altra – io nel personaggio della Austen ho sempre avvertito una nota comica che portava a dimenticare le cadute di stile della signora -, ma le sue motivazioni sono abbastanza chiare e per certi versi comprensibili.

Come nei due romanzi che ho citato, anche qui le figlie sono quattro, ognuna dotata di una personalità a sé e di caratteristiche del tutto peculiari. C’è la maggiore, Josefa, fortemente legata al padre e incapace di trovare un suo posto nel mondo, la bella Aloysia, la silenziosa Constance, la devota Sophie.

Il legame tra le sorelle appare da subito profondo ed estremamente intimo, come in “Piccole donne”. Nella camera che le sorelle condividono, nei due letti che basterebbero per due ma si fanno andare bene per tutte, nel loro raccontarsi segreti, immaginare il futuro, sostenersi c’è un eco profondo dell’ambiente familiare tratteggiato da Louisa May Alcott.

Quello che fa del “Matrimonio delle sorelle Weber” qualcosa di assolutamente originale è l’ambientazione e soprattutto il mondo e le figure storiche che emergono dalle pagine. La vita delle quattro ragazze potrebbe essere comune, uguale a quella di milioni di altre giovani vissute sul finire del 1700. Se non fosse che il loro cammino – di tutte e quattro, anche se in modi diversi – viene incrociato da un giovane compositore che si farà un certo nome, Wolfgang Amadeus Mozart.

Battute a parte, leggere la storia per certi versi dimenticata di un personaggio di questo calibro è stato bello, anche perché dalle pagine del libro emerge una grande umanità, un forte realismo. Mozart non è bravo, bello e fortunato, non è neppure un uomo di successo, quando sale per la prima volta le scale dell’appartamento della famiglia Weber a Mannheim. E anche negli anni successivi…

Il libro della Cowell ci mostra un genio incompreso, che da piccolo ha avuto fortuna in coppia con la sorella, ma che da adulto riesce a malapena a sbarcare il lunario. Vivere di musica, all’epoca, non era impresa semplice e questa storia ce lo ricorda pagina dopo pagina.

Nonostante non si possa riscrivere il passato e ci siano quindi dei paletti da rispettare, il romanzo è stato a suo modo sorprendente, perché giustappone punti di vista e vicende differenti. Mozart non è il protagonista assoluto, ma solo un comprimario. Qui a contendersi il centro della scena sono le quattro sorelle Weber, che si fanno strada nel mondo, affrontano le difficoltà, si sistemano come meglio possono. Un coro di donne dove però ognuna ha una sua voce particolare. Ogni lettore potrà scegliere la sua preferita, a seconda che valuti più importante la passione, la costanza, la bontà, la voglia di vivere.

Personaggi credibili, bella ambientazione. C’è però una freddezza di fondo, nello stile di questo romanzo, qualcosa che sin dalle prime battute fa percepire che entrare del tutto in sintonia con la storia sarà impossibile. È come se l’autrice, il modo in cui il libro è scritto, tenesse a distanza.

Non è semplice spiegare questa sensazione a parole, ma sin dalle prime battute ho capito che questo sarebbe stato quel genere di romanzo che si apprezza ma non si ama, che si legge con interesse ma non si divora. E così è stato. Una buona trama, delle buone caratterizzazioni. Le emozioni, però, non riescono a uscire dalla pagina e arrivare al cuore di chi legge.

 

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