“Il libro della polvere. La belle sauvage”: Philip Pullman torna nel mondo di Lyra

Il primo capitolo della nuova trilogia è un racconto avventuroso dove i personaggi e le situazioni sono tanti, l'approfondimento poco

Che dire… Quando hai grandi aspettative su un libro, quando hai avuto anni e anni e anni per caricarti di queste aspettative e rimuginare su quanto magico e poetico e bellissimo fosse stato il “primo capitolo” della serie e su quanto tu non veda l’ora di ritrovarti, inaspettatamente, una nuova avventura di quel tipo tra le mani, la possibilità di restare delusi è sempre dietro l’angolo.

Facciamo una premessa. Quando ho letto la trilogia “Queste oscure materie” di Philip Pullman non ero una bambina ma neppure un’adulta, avevo circa 18 anni. In quei libri trovai una magia ma soprattutto una profondità e una complessità – di stile ma soprattutto di tematiche affrontate – che mi fecero pensare che non fossero libri adatti ai più piccoli.

Se “La bussola d’oro” è il più semplice e lineare dei tre romanzi, mano a mano che si va avanti con la storia tutto si complica e quello che poteva anche essere partito come un fantasy come tanti diventa una saga fatta e finita, un universo fantastico, una costruzione narrativa perfetta.

Quando ho finito “Il cannocchiale d’ambra” ero esterrefatta, scossa. Mi sentivo diversa e avrei dato qualsiasi cosa per provare ancora quella fascinazione che mi aveva tenuta legata alla vita di Lyra, del suo daimon Pantalaimon e di tutti gli altri personaggi.

Ecco, a distanza di oltre dieci anni da allora Pullman ha deciso di tornare a quel mondo e a quelle storie – anche se tutto comincia quando Lyra è solo una neonata di pochi mesi, quindi si tratta di una sorta di prequel – pubblicando una nuova trilogia, “Il libro della polvere“.

Aprendo “La belle sauvage“, il primo dei tre libri che la compongono, ero entusiasta. Devo dire, purtroppo, che la lettura è stata una delusione, almeno parziale. Il romanzo è a tutti gli effetti un fantasy per ragazzini! Manca del tutto quella profondità di veduta, di pensiero, di scrittura che avevano rappresentato per me la parte migliore di “Queste oscure materie”.

Malcolm, il protagonista del libro, è un ragazzino di 11 anni più o meno come era Lyra all’inizio dell’altra storia, eppure la sua giovane età pesa qui tremendamente sulla trama. Il racconto è troppo semplicistico, non c’è alcun approfondimento ma solo un susseguirsi ininterrotto di avventure e incontri e personaggi.

In questo non ci sarebbe niente di male se non fosse che si ha la netta sensazione che il tutto sia tremendamente tirato via, pensato più per stupire e accontentare il lettore – dandogli il numero maggiore possibile di stimoli – che per una necessità di trama.

Se la prima parte, “Il Trout”, ha una sua linearità pur nella semplicità, “L’alluvione” è semplicemente un caos. Malcolm, Alice e la piccola Lyra viaggiano a bordo della Belle sauvage cercando di raggiungere un luogo sicuro dove nascondere la piccola e durante il loro peregrinare si imbattono in praticamente qualsiasi cosa. Bracconieri, comunità di superstiti che vivono nelle grotte, un Lord squarta-bambini (o quanto meno il suo fantasma). E ancora fate, un’isola che fa dimenticare, un convento di suore sadiche che si occupano di bambini, un cimitero avvolto da una strana nebbia.

In questo accumularsi di suggestioni, manco a dirlo, non c’è modo né spazio per approfondirne alcuna. Tutto arriva, si palesa e passa così velocemente che non si ha il tempo per farsi una domanda, sviluppare una teoria, provare una qualche emozione. Bisogna andare avanti, al prossimo intoppo, al prossimo pericolo.

Philip Pullman ha a disposizione altri due libri per mettere a posto le cose, dare alla trama un senso, ai personaggi una profondità, alle questioni importanti uno sviluppo. Del primo “libro della polvere” salvo solo il villain – lo scienziato pazzo Bonneville con il daimon iena, che anche se alla fine, come tutto il resto, non combina molto, è almeno abbastanza inquietante, motivato e malvagio per restare impresso – e l’ambientazione, perché comunque, nonostante la fretta e la semplicità, l’universo di Lyra è quella via di mezzo tra reale e immaginario che non può non piacere.

 

SCONSIGLIATO. PUNTO DI DOMANDA. . CONSIGLIATO. IMPERDIBILE

 

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