di Luca Pollara
Cosa si può dire del romanzo “Il giovane Holden” che non sia già stato detto o scritto?
Opera di un autore restio a uniformarsi alla massima americana del “publish or perish”, che se vale in ambito scientifico dovrebbe applicarsi molto meno al campo letterario, è il frutto di una sapiente rielaborazione di elementi autobiografici che Salinger ha inserito in una cornice narrativa.
Quello che ho davanti è un libro quasi ricoperto da appunti e spunti, perché è un testo denso, pur nella sua semplicità.
La figura di Holden Caufield è complessa perché complesso è ciò di cui parla; complesso e intricato è il cammino che il ragazzo compie e decide di narrarci, svelando molto di noi stessi e molto dell’autore.
Nelle pagine troverete senza difficoltà uno specchio fedele del momento più intricato della vita di ogni donna e ogni uomo su questa terra: il passaggio dall’infanzia alla maturità. Quel momento michelangiolesco in cui si sbozza il marmo per cercare di prendere la nostra forma. Che poi, ragazzi, in realtà quello che si perde è la semplicità dell’essere bambini e allora bisognerebbe rovesciare l’analogia e via dicendo.
Sono convinto che tutti i ragazzi dovrebbero leggerlo. Sarebbe un valido conforto, capace di far loro comprendere che la solitudine e il senso di abbandono che provano non è un sentimento unico e personale. E sono convinto che anche gli adulti dovrebbero leggerlo, o rileggerlo, così da ricordare com’era vivere quel periodo.
In fondo, gli adulti sono i grandi assenti in queste pagine. Appaiono quasi sempre come impositori di norme e decisioni, o come coloro che sono pronti a raggirare e infastidire il prossimo; e simbolicamente nei feticci dell’età adulta facilmente ravvisabili nell’alcol e nella sessualità.
“Il giovane Holden” è un romanzo di fuga e di ricerca che spinge a divorare le pagine, una dietro l’altra, senza fermarsi, e che continua a superare gli ostacoli come quello della censura che tentò di farlo dimenticare e ne accrebbe l’eco.
E sentirete Holden-Salinger parlarvi per guidarvi nella storia, nella sua storia. Una narrazione diretta, schietta, che vibra linguisticamente, tanto che nel saggio “L’arte della narrativa” l’autore David Lodge ne fa il punto di riferimento principale per la sua esemplificazione dello skaz, il gergo degli adolescenti.
Siamo di fronte a un testo unico al quale sono certo che vi appassionerete.
Una piccola curiosità nell’edizione Einaudi 2014, traduzione di Matteo Colombo, è la nota dell’editore che troverete in ultima pagina, dove vengono spese alcune parole sul titolo originale, intraducibile, “The Catcher in the Rye”.
Ad ogni modo, io mi immagino sempre tutti questi bambini che giocano a qualcosa in un grande campo di segale e via dicendo. Migliaia di bambini e in giro non c’è nessun altro – nessuno di grande, intendo – tranne me, che me ne sto fermo sull’orlo di un precipizio pazzesco. Il mio compito è acchiapparli al volo se si avvicinano troppo […]. [Il giovane Holden, capitolo XXII]