“Il castello di vetro”: storia di un’infanzia difficile e di un’utopia

Dal libro di memorie della scrittrice americana Jeanette Walls un film riuscito solo in parte

di Alessandra Pappalardo

 

Un film di Destin Daniel Cretton. Con Brie Larson, Woody Harrelson, Naomi Watts, Max Greenfield, Ella Anderson, Josh Caras. Biopic, drammatico, 127′. USA 2017

Mary Rose dipinge assorta e dice alla figlia Jeanette di cucinare, ma la gonna di lei, salita su una sedia, prende fuoco a contatto con il fornello. È solo la prima di una serie di situazioni in cui la genitorialità distratta ed eccentrica di Mary Rose e di Rex causa problemi ai figli, che a volte sfociano nell’abuso. Come quando Rex “insegna” a nuotare a Jeanette buttandola in acqua ripetutamente, in piscina di fronte all’orrore degli astanti. Rex del resto è un fallito alcolizzato che sogna – e promette ai figli – di costruire un giorno una casa con ampie vetrate, alimentata da energia solare, ma fatica a trovare lavoretti che fruttino anche solo il pane per la cena. Negli anni ’80 però Jeanette è cresicuta ed è diventata una donna che frequenta la buona società e sembra essersi lasciata indietro i propri genitori, anche se questi l’hanno seguita fino a New York…

 

Ispirato al libro di memorie di Jeanette Walls, caso letterario di grande successo negli Usa, “Il castello di vetro” racconta l’infanzia tormentata e girovaga della futura scrittrice e il rapporto difficile con il padre, che a sprazzi di genialità alternava momenti d’instabilità e alineazione dovuti all’alcolismo.

L’adattamento è però fedele più nelle intenzioni che nella realizzazione. Nonostante la stessa Walls abbia infatti collaborato al progetto, diversi tra i passaggi più crudi della sua biografia vengono evitati o ammorbiti.

Il regista Destin Daniel Cretton (Short Term 12) predilige una forma narrativa che fa ampio ricorso ai flashback nei quali viene rappresentato un passato utopico e idealizzato dove i personaggi non sembrano riuscire a venire a patti conla realtà. Il presente invece è la terra di scelte di vita pragmatiche e conformiste che, a tratti, risultano soffocanti e si caricano di nostalgia e ripensamenti.

Nel buon cast spicca la performance di Naomi Watts che interpreta magistralmente una madre con poco senso pratico, chiusa in una ricerca artistica spasmodica e dal sapore egoistico, assente e incapace di rispondere alle esigenze concrete e affettive dei figli.

La storia racconta ne “Il castello di vetro”, che si muove tra i poli opposti libertà/conformismo, sembra riproporre le tematiche affrontate di recente in “Capitan Fantastic” di Matt Ross. Quello però risultava nel complesso un film più solido e ben strutturato.

 

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