Hello Everybody – Topic 1: L’inglese s’impara solo all’estero?

Vacanza studio in inglese si traduce: study trip oppure study holiday.

di Teacher Cate

 

Sono sempre più numerosi i genitori che spingono i figli ad andare all’estero per un viaggio o una vacanza studio per imparare bene l’inglese. Ma pensare che semplicemente vivendo per qualche settimana in un paese anglofono si possa imparare la lingua è sbagliato. L’apprendimento non avviene per osmosi, molto dipende da ciò che si fa.

Capita infatti spesso che i ragazzi tornino a casa con le stesse competenze linguistiche che avevano prima di partire, perché, pur abitando all’estero, hanno continuato a parlare in italiano, magari con gli amici partito insieme a loro. Ma attenzione, questo non succede soltanto ai giovani.

Luogo comune sfatato: il fatto di trovarsi dove effettivamente si parla la lingua non implica che l’inglese si apprenda in maniera automatica.

Vacanza studio in inglese si traduce: study trip oppure study holiday.
Come si dice “vacanza studio” in inglese? Study trip oppure study holiday.

C’è poi il fatto che prendere e partire non è semplice. Non tutti possono investire tempo e denaro in una vacanza-studio o regalarla ai propri figli: il volo, la scuola, il soggiorno hanno un peso economico da non sottovalutare.

Quindi cosa fare? Lasciar perdere? Assolutamente no. Ciò che conta è trovare sempre nuove motivazioni per migliorare e occasioni per imparare la lingua divertendosi, magari proprio restando a casa.

Non tutti sanno che in molte città italiane ci sono gruppi di persone che si riuniscono al fine di parlare inglese. Tea party, aperi-english, cene sono solo alcune delle tante iniziative che consentono non solo di parlare in lingua, ma anche di conoscere chi condivide il vostro stesso interesse.

I primi ostacoli da superare nell’apprendimento dell’inglese sono la mancanza di fiducia e l’ansia. Per tutti, ma non per i bambini molto piccoli (dai tre fino ai sette anni). Loro non hanno l’ansia da prestazione degli adulti e apprendono in modo spontaneo. Inoltre l’inglese viene insegnato come un gioco, attraverso esperienze coinvolgenti e divertenti e così i piccoli alunni imparano senza accorgersene, senza compiere sforzi mentale e quindi senza stress.

Il tea party più famoso dei libri? Quello del Cappellaio Matto in Alice nel Paese delle Meraviglie di Carroll.

Per l’adulto, dicevamo, non è così. Una persona grande può aver impiegato ore e ore a migliorare le proprie competenze, magari studiando a lungo la teoria e la struttura della grammatica, ma di fronte a una conversazione in lingua può comunque paralizzarsi, riscoprendosi incapace di applicare quello che ha imparato. La maggioranza degli adulti trova difficile imparare l’inglese, questo è un fatto. Quando ci si iscrive a un corso, poi, le cose si fanno se possibile ancora più complicate. Molti vorrebbero imparare a parlare, e farlo in tempi brevi, ma in classe si bloccano, temendo di fare brutta figura.

Per superare questo blocco una soluzione è proprio quella di portare gli studenti in ambienti informali, come bar e ristoranti. In luoghi diversi dall’aula ci si sente più a proprio agio, meno sotto giudizio. Ogni volta si sceglie un topic (argomento) diverso di conversazione. Ogni partecipante è invitato a dire la sua e tutti sono messi in condizione di parlare. Tra un sorso di caffè, un aperitivo o uno “sfizio” si entra nello spirito giusto e tutto procede quasi senza accorgersene.

Le conversazioni sono sempre moderate da insegnanti professionisti, ma non necessariamente madrelingua. Sfatiamo un altro luogo comune: un parlante nativo di una lingua non è sempre l’insegnante migliore possibile. Pensiamo a un madrelingua che non conosce neanche una parola di italiano oppure che sa poco o niente di didattica. In questo caso non è meglio un maestro italiano preparato?

Con questi incontri, che di solito si svolgono una volta alla settimana, si riduce al minimo l’ansia di parlare in inglese, quella che ci blocca nelle situazioni in cui potremmo esercitare la lingua. Scoprire di essere capacissimi di esprimersi incide poi positivamente anche sull’autostima.

Sono convinta che parlare una lingua diversa dalla propria sia utile anche per la salute e faccia bene a tutte le età. Anche chi ha più di sessant’anni (i cosiddetti over o senior) non deve arrendersi. Non ci sono scuse: tutti possono riuscirci. Quello che serve, come avevamo anticipato nella presentazione della rubrica, sono motivazione, voglia di imparare e un’insegnante con il giusto metodo, come teacher Cate.

 

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