Il libro di Francesco Muzzopappa “Heidi”, edito da Fazi, è stato una piacevole sorpresa, sotto diversi punti di vista.
Prima di tutto, da giornalista, leggere una satira neppure tanto velata ai programmi spazzatura che infestano sempre più le reti televisive, alla macchina che produce questo trash, alle ragioni di share che surclassano qualsiasi altro ragionamento è stato divertente.
Muzzopappa non ha peli sulla lingua nel descrivere quello che sembra essere a tutti gli effetti un circo, dove i personaggi più disparati vengono provinati – e scritturati – per questo o quel format esistente, e dove si cercano sempre nuove idee, sempre più estreme e sempre – agli occhi di chi legge – più folli.
Ma è davvero così? Siamo davvero sicuri che se domani in tv venisse proposto un fantomatico “Barbieri al cimitero”, un documentario in 10 puntate dove un barbiere risolve, in extremis, problemi di messa in piega e di taglio direttamente nella bara, il pubblico non resterebbe incollato davanti al piccolo schermo a guardarlo?
Ho amato la protagonista, Chiara Lombroso, una 35enne milanese che non ha paura di chiamare le cose con il loro nome, piena di difetti (compra medicinali senza ricetta online, si imbottisce di sonniferi per dormire, ha un rapporto difficile col padre, ex giornalista del Corriere della sera, adesso malato di demenza senile) ma credibile e a suo modo apprezzabile (tranne quando “stimola” il padre per farsi aiutare con il lavoro, quello è davvero fuori dal mondo).
Di personaggi perfetti e bellissimi sono pieni i romanzi – e le scatole dei lettori. Quello che oggi il pubblico cerca nei libri, anche se si tratta di opere di fantasia, di storie di finzione, sono caratteri che è possibile sentire vicini, nei quali, in qualche modo, rivedersi. Con Chiara non è difficile entrare in sintonia!
Il suo rapporto con Thomas, nonostante i rischi di cadere nel banale e nel già letto, risulta anch’esso credibile. L’autore è bravo a dosare il romanticismo, controbilanciandolo con ironia e situazioni improbabili. Il risultato è una coppia che funziona, che fa sorridere, emozionare e talvolta persino commuovere.
Bello anche il personaggio di Massimo Lombroso. Nonostante il tema delicato della malattia, la sua presenza rende “Heidi” spassoso. Perché alla fine è a lui che si devono titolo e copertina. Padre poco presente, gli unici momenti che ha condiviso con la figlia da piccola erano quelli in cui i due guardavano il cartone animato di Heidi in tv.
E adesso che la sua mente fa cilecca, che i volti si confondono e la realtà si fa sfocata, Massimo è convinto che la figlia sia Heidi, che in casa ci siano capre da mungere o da riportare all’ovile, e che il giovane fisioterapista/badante che ogni giorno si prende cura di lui sia Peter.
Ridere di un dramma come la demenza senile dovrebbe farci sentire brutte persone… ma in questo caso, ironia a parte, si coglie davvero la drammaticità della situazione, la difficoltà di una figlia di avere a che fare con un padre come Massimo, la difficoltà di Massimo di non essere più presente a se stesso. E quindi ci si sente in diritto di ridere e sorridere. Perché “Heidi” è un romanzo delicato e divertente, dissacrante e tenero.
E tenero, tenerissimo, è il finale – dove per la prima volta Massimo chiama Chiara col suo nome, non con quello del cartone animato -, capace di strappare al lettore, soddisfatto, persino una lacrimuccia.