Giorni di crisi e tulipani, Gilda Di Nardo

Leggerezza, amarezza, ironia e intensità in una storia che si svolge in una dolente e affascinante Roma: vita quotidiana, fotografia, lavoro, manifestazioni, amori, amicizie, una donna, la sua casa e l’improvvisa e misteriosa comparsa di mazzi di tulipani. Giornate che divengono sempre meno ordinarie e un mistero che si infittisce, una donna e la sua strampalata squadra investigativa: il suo compagno, l’hacker coinquilino, un giovane “tutto treccine e rabbia”, un anziano cieco che abita nel palazzo, un giovane amico olandese. Seguire le tracce della misteriosa comparsa dei tulipani porterà la protagonista a conoscenza di una storia che mai avrebbe immaginato e le farà scoprire un nuovo senso della vita. Un percorso introspettivo ma diretto e accattivante, una giocosa riflessione sulla vita, la morte, il senso dei nostri giorni e delle nostre crisi, un racconto che accompagna il lettore a trovare un senso alle montagne russe su cui a volte la vita ci fa salire.

Giorni di crisi e tulipani, Gilda Di Nardo

Dalla copertina e dal titolo del romanzo d’esordio di Gilda Di Nardo, “Giorni di crisi e tulipani“, ammetto che mi ero fatta un’idea totalmente diversa della storia che sarei andata a leggere. Ma non è forse questo il bello dei libri – e il motivo per cui ci dicono e ci ripetono di non giudicare mai qualcosa dall’apparenza (in questo caso, dalla cover) -, la loro capacità sconfinata di sorprenderci?

Quella raccontata dalla Di Nardo è una storia complessa e realistica, una storia che parla, con uno stile coinvolgente, quasi cinematografico nel suo essere in presa diretta, il nostro presente più prossimo. Nella Roma descritta tra le pagine, nella vita di condominio della protagonista, tutti potranno ritrovare qualcosa della propria esperienza – anche se magari non vivono e non hanno mai vissuto nella capitale, e non abitano in un palazzo con tanti inquilini. È l’umanità nel suo essere più profondo, che emerge, e di quella, bene o male, tutti abbiamo una nostra esperienza.

Ho esordito dicendo che da questo libro mi aspettavo altro. Mi aspettavo una storia psicologica, intimistica. In realtà “Giorni di crisi e tulipani” è molte cose diverse, così tante che inquadrarlo in un solo genere è complicato. I riferimenti intimistici non mancano, dal momento che a raccontarci la storia è la protagonista, una fotografa impegnata a districarsi tra i problemi lavorativi, la nascita di un nuovo amore e molto altro. Fin dalla prima pagina questa donna ci porta nel suo mondo e nella sua mente, senza filtri e mezze misure. Pagina dopo pagina vediamo quello che vede lei, proviamo quello che prova lei.

La passione dell’autrice Gilda Di Nardo per la fotografia traspare a ogni pagina, proprio attraverso il lavoro della protagonista. Al di là della trovata narrativa, è interessante pensare all’obiettivo della macchina fotografica come a un secondo occhio, un occhio più attento e profondo, capace di cogliere sfumature che a occhio nudo non potremmo cogliere.

Ma oltre alla parte intimistica e sentimentale, in questo libro c’è spazio per un mistero, per le investigazioni di un gruppo di personaggi quanto meno improbabili – dall’hacker coinquilino all’anziano cieco che abita nel palazzo -, per la scoperta di una storia inaspettata che ha radici nel passato. Tutto inizia con un mazzo di tulipani senza mittente, che la protagonista trova una mattina sul tappetino davanti casa. A quello seguiranno altri mazzi, poi un libro. Oltre alla curiosità c’è un che di inquietante, in questi doni. Chi li manda? E perché?

Come in ogni enigma che si rispetti, in un crescendo di indizi e scoperte arriveremo insieme ai protagonisti fino a un casale e all’incontro con una donna misteriosa che ha una storia da raccontare.

Una piccola notazione tecnica, e critica. Personalmente non amo l’uso insistito del punto esclamativo quando si tratta di romanzi. Sarò vecchia scuola, ma tutte queste esclamazioni sottolineate mi fanno pensare agli sms dei 15enni di oggi, non a un romanzo. Non serve chiudere ogni frase con un punto esclamativo: se la frase in questione è scritta con la giusta intensità, l’emozione che si vuole trasmettere arriva comunque. Nel caso del libro della Di Nardo, penso che l’insistenza sul punto esclamativo sia inutile e un po’ pesante. Se ne capisce il senso – essendo tutta la storia un racconto in prima persona, quasi un flusso di coscienza, l’autrice ha cercato di renderlo più realistico e “parlato” possibile, anche usando la punteggiatura – però la scrittura da sola sarebbe bastata.

Punti esclamativi a parte, ho apprezzato molto sia lo stile che la trama di questo libro. Anche il finale, realistico ma al contempo positivo e ottimista, mi è sembrato riuscito. La vita può essere complicata – chiunque, oggi, debba destreggiarsi tra problemi lavorativi, familiari e sentimentali potrà raccontarvelo – eppure per cambiare le cose e migliorare quello che ci circonda, a volte, basta poco.

Siamo stupidi a volte, abbiamo la felicità davanti a noi e non ce ne accorgiamo. […] Forse però tutta questa storia mi ha proprio insegnato che per essere felici non c’è bisogno di fare migliaia di chilometri, basta provare a esserlo, giorno dopo giorno.

Con la sua chiusa Gilda Di Nardo vuole incoraggiarci, da un lato, a non porre limiti alla provvidenza e ai sogni (se pensiamo che cambiare aria, città, paese, continente possa essere la scelta giusta per noi nessuno può permettersi di dire il contrario), dall’altro ad apprezzare quello che abbiamo a portata di mano. Qualche volta la felicità è più vicina di quanto pensiamo, basta cambiare prospettiva. E magari donare un fiore a uno sconosciuto.



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