Un film di Tarzan Nasser, Arab Nasser. Con Salim Daw, Hiam Abbass, Maisa Abd Elhadi, George Iskandar. Drammatico, 87′. Palestina, Francia, Germania, Portogallo, Qatar 2020
Gaza, oggi. Il pescatore Issa, sessant’anni, è segretamente innamorato di Siham, una vedova che lavora come sarta al mercato. Determinato a farle la sua proposta di matrimonio, rinviene nella rete da pesca un’antica statua di Apollo e decide di nasconderla a casa sua. Quando Hamas scopre l’esistenza di questo misterioso tesoro, per Issa iniziano i problemi… Riuscirà nel suo intento di dichiarare il proprio amore a Siham?
L’intento primario di “Gaza mon amour” dei fratelli Nasser, presentato nella sezione Orizzonti di Venezia 77, è di offrire uno sguardo sulla vita quotidiana di questa piccola striscia di terra chiamata Gaza. È qui che le storie si complicano, e da una fortuna può nascere un grosso problema. O viceversa.
I personaggi che la abitano e che animano il film sono molto ben scritti. La sceneggiatura, semplice ma non scontata, è cupa, amara ma a tratti anche buffa. La fotografia, oscura e celante, mette in risalto le luminose speranze e i destini di Issa e Siham, le male intenzioni, i segreti.
“Gaza mon amour” va visto come una possibilità, quella di scoprire un mondo lontano dal nostro eppure spinto da pulsioni e sogni terribilmente vicini. Il racconto delicato di un amore maturo, e della lotta per liberarsi dalle strette maglie della rete del destino.