Festival del cinema di Cannes | In concorso | I, Daniel Blake

Un film di Ken Loach. Con Dave Johns, Hayley Squires, Briana Shann, Dylan Philip Mckiernan. Drammatico, 137′. 2016

Dave Johns e Hayley Squires in una scena di "I, Daniel Blake"
Dave Johns e Hayley Squires in una scena di “I, Daniel Blake”

Tra i tanti ostacoli che rendono la vita di un bravo cittadino difficile, nessuno è pericoloso e infido come la burocrazia. La burocrazia ha mille teste, come la mitologica Idra: la puoi riformare, modernizzare, snellire, ma resta sempre un labirinto senza uscite, o se preferite un buco nero capace di piegare anche l’uomo più volenteroso e determinato.

Penserete, cari lettori, che questa descrizione si riferisca al nostro Paese e alla situazione che quotidianamente viviamo con la pubblica amministrazione. Ebbene, potrebbe stupirvi sapere che anche in Inghilterra la burocrazia è una brutta bestia.

Ken, “il rosso”, Loach porta al Festival del cinema di Cannes il suo nuovo film “I, Daniel Blake“, mostrandoci quanto sia complessa, cervellotica e contraddittoria la macchina burocratica del welfare inglese.

Lo spunto narrativo per prendere di mira le storture e l’assenza di buon senso del sistema è dato dalle tragicomiche avventure di Daniel Blake (Johns), carpentiere vedovo di cinquantanove anni che a causa di un infarto è stato costretto a lasciare il lavoro.

Blake è un uomo onesto, ligio al dovere, e per ottenere la pensione di invalidità che gli spetta di diritto vuole compiere tutte le azioni necessarie. Per questo si sottopone all’interminabile serie di colloqui nei diversi uffici competenti.

Lo spettatore assiste ai grotteschi dialoghi tra il protagonista e gli impiegati, incapaci di andare oltre la mera applicazione delle norme e di trattare con umanità o tatto Daniel.

Senza entrare nel dettaglio del welfare inglese, dal momento che anche io ho fatto fatica a comprendere tutto, data la lingua, il nostro eroe si trova schiacciato nell’ingranaggio della burocrazia, diventando vittima di un cortocircuito legale. Daniel non ha diritto alla pensione d’invalidità né può chiedere la disoccupazione – potremmo vedere l’uomo come una sorta di esodato.

Ken Loach sul set di “I, Daniel Blake”

Ken Loach crea questo Don Chisciotte moderno, che fa sorridere e commuovere allo stesso tempo per la sua semplicità, onesta e soprattutto per il desiderio legittimo di vedere tutelati i propri diritti, preservata la propria dignità.

Nel suo girovagare tra i diversi uffici, Daniel conosce Katie (Squires), una ragazza madre in lotta anche lei con la burocrazia nel tentativo di ottenere un alloggio dignitoso per lei e i figli. Katie non ha un lavoro, non sa come mantenere la famiglia, ma trova in Daniel un sostegno inaspettato e soprattutto un vero amico. Due anime pure che cercano disperatamente di unire le forze, per non soccombere.

La sceneggiatura è ben scritta, semplice, lineare, diretta e ciò nonostante potente e coinvolgente. L’autore affronta e critica, anche con ironia e sarcasmo, il modello liberale inglese puntando il dito senza esitazione sui i difetti del sistema.

La regia di Ken Loach è essenziale, misurata, intimistica e nello stesso tempo ha un tono allegorico e canzonatorio capace di mascherare ad arte il dramma che si sta svolgendo.

Dave Johns e Hayley Squires, nei ruoli di Daniel Blake e Katie, sono intensi, naturali, dirompenti, capaci di dare ai personaggi una naturalezza e umanità degne della Palma d’Oro, almeno a nostro avviso.

Il finale è poetico, tragico, commovente; lascia allo spettatore la consegna morale di difendere la propria dignità di uomo anche contro lo Stato, che dovrebbe garantire i diritti di ogni individuo ma non sempre lo fa a dovere.

 

Il biglietto da acquistare per “I, Daniel Blake” è: 1)Neanche regalato; 2)Omaggio; 3)Di pomeriggio; 4)Ridotto (con riserva: in italiano alcuni passaggi complessi potrebbero risultare più facili da comprendere); 5)Sempre.





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