“Donne che comprano fiori”: a Madrid si intrecciano storie di donne

Vanessa Montfort firma per Feltrinelli un romanzo corale, madrileno, ricco di sentimenti e colori

Femminile. Deprimente. Madrileno.

 

Il senso di “Donne che comprano fiori” di Vanessa Montfort – uno lo capisce, leggendo nemmeno tanto tra le righe – dovrebbe essere dare speranza all’universo femminile e non.

Dire a gran voce: tranquilli/e, anche passati i 40, anche quando una storia finisce, anche quando ci sembra impossibile l’amore e la vita possono tornare a bussare alla nostra porta. E portarci avanti.

Peccato che, pagina dopo pagina, più che speranza ciò che emerge qui è una profonda tristezza. Perché i rapporti che vengono tratteggiati nel libro della Montfort – almeno i primi, gli originali – sono stanchi, spompati, senza possibilità di lieto fine. Perché i matrimoni non finiscono mai bene, vuoi perché uno dei due passa a miglior vita, vuoi perché si stufa e si fa un amante.

Da donna sposata – scusate se ve lo dico e non prendetemi per una bigotta – mi è sembrato davvero triste e persino fuori luogo che un gruppo di amiche incoraggino al tradimento e all’infedeltà una moglie e madre di due bambini piccoli. Non che è uno non abbia il diritto di essere felice però…

Forse penso che se fossi al posto di Victoria le mie, di amiche, proverebbero quanto meno a farmi ragionare, a spingermi a capire se il mio matrimonio è finito davvero oppure no, prima di farmi l’amante.

Ero molto curiosa di leggere “Donne che comprano fiori”, tanto da averlo acquistato in formato digitale per non dover aspettare di prenderlo in una libreria fisica. La trama mi aveva ispirata. Devo dire, purtroppo, che la lettura è stata deludente.

Non ho apprezzato, soprattutto, la struttura bipartita dell’opera, che alterna il racconto del presento, con Marina impegnata nel suo avventuroso viaggio in barca, e quello del passato, con la protagonista che incontra le altre donne e stringe con loro una profonda amicizia.

L’idea poteva essere vincente, peccato che la parte marittima sia di una noia mortale. Il monolgo di Marina, impegnata a governare il Peter Pan per raggiungere il Marocco ed esaudire l’ultimo desiderio del marito defunto, è insostenibile. Gira su se stesso senza fare un solo passo avanti, annoia.

Più leggere le parti corali, con una Madrid colorata e abitata da personaggi particolari ed estrosi che prende letteralmente viva. Eppure anche qui c’è qualcosa che tiene a distanza, che impedisce di immedesimarsi davvero nelle storie delle “eroine”.

Forse, per quanto i personaggi siano pensate come donne moderne, restano sempre troppo personaggi, troppo fittizi e poco reali. Tanto che rivedersi in loro è difficoltoso.

Perché la prosperosa Galatea, che dopo una delusione ha deciso di non amare più, la bella sofferente, che tiene in casa un fidanzato inadatto e scroccone, Cassandra la super-donna e Victoria, moglie e madre e professionista insoddisfatta, sono caratteri. Troppo stereotipati, poco veritieri.

E noi, anche nelle opere di finzione, abbiamo bisogno di qualcuno che ci somigli per poterci sentire vicini. Se no la magia non funziona.

 

SCONSIGLIATO. PUNTO DI DOMANDA. . CONSIGLIATO. IMPERDIBILE

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