“Creed II”: un film sul pugilato ma soprattutto una storia di padri e figli

Michael B. Jordan e Sylvester Stallone salgono sul ring per combattere contro un doloroso passato

Un film di Steven Caple Jr.. Con Michael B. Jordan, Sylvester Stallone, Tessa Thompson, Wood Harris, Russell Hornsby. Drammatico, 130′. USA 2018

Adonis Creed ha tutto. Tutto quello che un atleta e un uomo possono desiderare: il titolo di campione del mondo dei pesi massimi e l’amore di Bianca, a cui chiede di sposarlo. Ma a un passo dalla felicità, il passato torna e lo sfida. Il suo fantasma ha il volto e i muscoli di Viktor, figlio di Ivan Drago, che trentaquattro anni prima ha ucciso suo padre sul ring. Sconfitto da Rocky Balboa, abbandonato dalla consorte e dimenticato dal suo paese, Ivan cresce il figlio a sua immagine e cerca il riscatto al suo fianco. Adonis accetta di combattere contro Viktor ma Rocky non ci sta. Almeno fino a quando il suo pupillo non comprenderà la sola cosa per cui valga la pena incassare pugni e assestarne: la famiglia.

 

Nel 2015 “Creed – Nato per combattere”, che ha riscosso uno straordinario e forse inaspettato successo, ha portato al centro della scena Adonis Creed (Jordan), figlio naturale del defunto campione di boxe Apollo, relegando Rocky (Stallone) nel ruolo di allenatore, inizialmente riluttante, del giovane.

Si è trattato di un’evoluzione quasi naturale per la saga di Rocky, che dopo quasi quarant’anni e sei pellicole aveva bisogno di forze fresche e un qualche cambiamento, pur nel segno della continuità con il passato, per continuare ad appassionare i vecchi fan e attrarne di nuovi.

L’operazione svecchiamento e ritorno alle origini continua con “Creed II”, che si ricollega massicciamente a “Rocky IV”, il film che di fatto ha dato origine a questa storia e al personaggio di Jordan/Creed.

Adonis si trova ad affrontare il suo passato, la scomparsa prematura del padre, fronteggiano il figlio dell’uomo che ne ha causato la morte. Intanto un altro ragazzo, Viktor Drago, combatte per avere l’approvazione del padre Ivan che lo ha allenato tutta la vita per renderlo un campione.

“Creed II” è essenzialmente una storia di padri e figli – alle due coppie sopracitate si aggiunge anche quella formata da Rocky e dal figlio “perduto” Robert, con cui alla fine ci sarà un riavvicinamento -, una storia sui rapporti che ci legano ai genitori.

Stranamente, o forse no, la storyline che colpisce maggiormente è quella legata agli antagonisti. Il terribile Ivan Drago (Lundgren), personaggio quasi caricaturale in “Rocky IV” dove veniva presentato come la personificazione dello sportivo comunista in piena guerra fredda, un robot glaciale programmato per uccidere, qui guadagna in umanità. È ancora il cattivo della storia, certo, ma non è cattivo. È solo un ex pugile in esilio, abbandonato dalla famiglia e dal suo Paese che cerca nel figlio un’occasione di riscatto.

La regia di Steven Caple Jr., che ha sostituito Ryan Coogler dietro la macchina da presa, è intima e raffinata. Omaggiando “Toro scatenato” di Martin Scorsese, un classico del genere pugilistico, le sequenze di boxe sono disegnate con scatti in prima persona, pensate per far sentire al pubblico il dolore dei personaggi, come se venissero anche loro presi a pugni.

Michael B. Jordan dà al suo Adonis una grande profondità. E ovviamente non sarebbe un film della serie di “Rocky” senza alcune scene di allenamento con colonna sonora ad hoc, e qui ce ne sono di davvero creative.

“Creed II” non è un film particolarmente originale – colpi di scena eclatanti rispetto al classico canovaccio sportivo della caduta e risalita dell’eroe non ne vedrete! – ma segna un punto di svolta nella saga, con l’addio definitivo al personaggio di Rocky Balboa. Dopo essersi appoggiato alla vecchia roccia per ingranare, dal prossimo capitolo capiremo se Creed è in grado di camminare con le proprie gambe. E raccontare qualcosa di nuovo.