“Charlie says”: nella mente di tre ragazze della Famiglia Manson

Il film di Mary Harron, con un grande Matt Smith, cerca di raccontare la setta hippie degli anni '70

Un film di Mary Harron. Con Carla Gugino, Matt Smith, Merritt Wever, Hannah Murray, Suki Waterhouse. Drammatico, 104’. USA 2018

Leslie Van Houten, detta Lulu, Patricia Krenwinkel, detta Katie, e Susan Atkins, detta Sadie, sono tre “Manson’s Girls”, ragazze appartenute alla setta di Charles Manson, coinvolte nei suoi efferati crimini e condannate a lunghe pene dalla giustizia americana. Karlene Faith è una sorta di assistente sociale che opera nel carcere femminile dove le tre sono rinchiuse e si offre di lavorare con loro, cercando di fare quello oggi si definisce deprogrammazione. Le tre, infatti, anche alcuni anni dopo la condanna, sono ancora incantate dalle parole di Manson, che ripetono a ogni occasione come un insegnamento di vita.

 

Il 9 Agosto 1969 è una data indelebile nella storia americana, una data macchiata di sangue. Nella notte l’attrice Sharon Tate, moglie di Roman Polański, e quattro suoi amici vennero brutalmente assassinati all’interno della loro casa di Los Angeles dai membri della setta guidata da Charles Manson.

Il cosiddetto eccidio di Cielo Drive (dall’indirizzo della villa luogo degli omicidi) non fu che l’epilogo di un lungo processo di manipolazione e costrizione velata che Manson esercitò sulla sua cosiddetta famiglia.

La figura di Manson, il suo stile di vita, la setta hippie che si riunì intorno a lui alla fine degli anni Sessanta, innalzandolo al ruolo di guru, hanno affascinato da sempre il mondo del cinema finendo al centro di progetti per il grande e il piccolo schermo – l’ultimo in ordine di tempo, “C’era una volta… a Hollywood” di Quentin Tarantino, che arriva nelle sale italiane il 18 settembre.

Se capire le motivazioni dietro a omicidi e fatti di sangue è impossibile, raccontare è necessario. E proprio questa sembra essere la missione di Mary Harron, regista di “Charlie says”, presentato nella sezione Orizzonti alla Mostra del cinema di Venezia 2018.

Tre ragazze della Famiglia Manson, in carcere e condannate all’ergastolo, entrano in contatto con il mondo esterno grazie a un’insegnante. L’amore per Charlie le ha rese cieche, al punto da vedere solo ciò che lui dice loro. “Charlie dice”, traduzione del titolo della pellicola, è una sorta di formula magica che giustifica ogni azione, ogni comportamento. La verità è una sola, quella di Charlie.

La Harron cerca di raccontare una mentalità e uno stile di vita, lasciando però da parte alcuni aspetti. Il problema del machismo, ad esempio, della donna vista come oggetto del desiderio e strumento per raggiungere un fine viene affrontato solo marginalmente. Forse, in un momento storico come questo, segnato dagli scandali e dal movimento #Metoo, sarebbe stato interessante farlo.

Il cast è sorprendente ma non eccezionale, eccezion fatta per Matt Smith (Doctor Who, The Crown), incredibile nel ruolo del protagonista.

La regia è semplice ma non banale, pulita ma non complessa così che ogni frame risulta intrigante e allo stesso tempo non ostile al pubblico. Un pubblico che in sala applaude per minuti interi e loda questa trasposizione cinematografica coraggiosa del libro “The Family: The Story of Charles Manson’s Dune Buggy Attack Battalion” di Ed Sanders.

 

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