Berlinale 2017 Shooting Stars | Intervista ad Alessandro Borghi

Alessandro Borghi. ©Ralf Uhler-EFP

di Valeria Lotti

 

Dal 1998 la Berlinale ospita gli European Shooting Stars, evento che riunisce dieci promesse del cinema europeo e le porta sotto i riflettori del festival.

Quest’anno, tra i “magnifici dieci”, c’è anche l’italiano Alessandro Borghi, noto al pubblico per i ruoli in “Non essere cattivo”, “Suburra”, “Il più grande sogno”. Oggi, 15 febbraio, potrete vederlo anche nel film tv “Dalida”, in onda su Rai 1.

Alessandro Borghi. ©Ralf Uhler-EFP

Abbiamo avuto il piacere di incontrare l’attore romano per parlare con lui della sua carriera, del cinema italiano, di questo giro di giostra alla kermesse berlinese.

Borghi ci accoglie con un sorriso sincero ma stanco, frutto del ritmo serrato di questi giorni.

Ciao Alessandro, ci siamo già incrociati agli Asian Brilliant Stars. 

Ciao, sì, hai visto che cerimonia in grande? Tutta la serata ho avuto un pensiero ricorrente: quanti soldi dev’essere costato tutto questo! Sembrava di assistere a cose che venivano da un altro pianeta, che non ci riguardano da vicino… Perché i soldi per fare cinema in Italia non ci sono, siamo sinceri: facciamo film con budget bassissimi.

Nel caso di “Il più grande sogno”, per esempio, abbiamo girato per le strade con una cinepresa comprata dal regista poco prima! Pensa, abbiamo usato stili di ripresa simili a quelli di “The Revenant”, ma con un budget infinitamente inferiore. È possibile. Precisiamo, io mi inchino davanti a Iñárritu, ha fatto una cosa fantastica, volevo solo sottolineare le differenze di budget.

Eh sì, sul piano economico la differenza tra cinema italiano e americano salta all’occhio.

Ma in Italia riusciamo comunque a fare dei film altrettanto belli. È questa la nostra forza: anche con mezzi limitati, in quello che facciamo siamo bravissimi. Poi adesso il cinema si è in un certo senso uniformato; è come se andassimo tutti più o meno nella stessa direzione, che è sì un elemento positivo però così si finisce quasi sempre per seguire gli standard americani.

Ti sembra che il resto del mondo riconosca lo spessore del nostro cinema?

Non so, ma per quanto mi riguarda ho sempre ricevuto un’ottima accoglienza all’estero. Quindi forse sì, si rendono conto di quanto valiamo.

Che mi dici dei classici stereotipi sugli italiani, mutuati dal cinema, tipo girare per Roma in Vespa o abbuffarsi di spaghetti? Persistono?

Alcune volte sono duri a morire. Per esempio ieri stavamo facendo delle brevi riprese per gli Shooting Stars e mi fanno: “Alessandro, vuoi muovere di più le mani per far vedere che sei italiano?”

Incredibile.

Be’ ma forse è colpa di noi italiani, forse siamo noi a tenere vivi gli stereotipi.

Le Shooting Stars 2017. Berlinale. ©Ralf Uhler-EFP

Stereotipi a parte, come ti stai trovando con le altre nove Shooting Stars?

Benissimo. Non conoscevo nessuno di loro prima, ma in pochi giorni abbiamo costruito davvero degli ottimi rapporti, con chi più e con chi meno, ovvio, non si va d’accordo allo stesso modo con tutti. Ma stiamo insieme dalla mattina alla sera, facciamo tantissime attività insieme.

Un po’ come in un campo scuola.

Sì, esatto. Poi per me il rapporto umano è fondamentale, mi piace imparare a conoscere le persone. Quando lavoro con qualcuno devo costruire un legame, altrimenti è difficile lavorare bene. Per esempio, con Luca Marinelli siamo diventati molto amici sul set (di “Non essere cattivo”, ndr) e ora siamo sempre in contatto, ci teniamo aggiornati sui rispettivi progetti. Adesso che sono a Berlino, ad esempio, mi chiede come sta andando questa esperienza, è curioso. A essere sincero, nel cinema di un certo livello, se dovessi scegliere tra lavorare con un attore estremamente bravo ma che umanamente è uno stronzo, oppure con uno un po’ meno bravo ma che è un’ottima persona, sceglierei di sicuro il secondo.

Pensi che costruire rapporti umani con i colleghi sia più facile quando si è tutti meno famosi?

Non necessariamente. Sul set di “Dalida” ho lavorato con attori già affermati e importanti e mi sono trovato benissimo, abbiamo costruito bei rapporti.

E ancora più in alto? Voglio dire, con personaggi del calibro di Robert De Niro come credi che sarebbe?

Spero di potertelo dire in futuro! Ma secondo me anche a quei livelli non è impossibile creare legami forti. Probabilmente i grandi attori sono anche bellissime persone, solo che noi li conosciamo come personaggi, non andiamo oltre l’immagine che di loro vediamo sul grande schermo.

A proposito di attori, che consigli daresti ai giovani che sognano di fare della recitazione la loro professione?

Ah, domanda difficile. Allora, mi vengono in mente due consigli: primo, e molto importante, rendetevi conto se l’attore è davvero il mestiere giusto per voi. Bisogna essere onesti con se stessi e riconoscere le proprie qualità e i propri limiti, e non insistere su qualcosa che non fa per noi, soprattutto in un ambiente con pochi supporti finanziari come il cinema italiano. Secondo, siate voi stessi: gli altri sono interessati a voi come persone, non come attori, anche negli ambienti lavorativi. L’ho notato anche qui alla Berlinale in tutti gli incontri che ho fatto. Siate sinceri e appassionati e non aspettatevi niente in cambio. Non fate gli attori con lo scopo di diventare famosi ma fatelo perché vi sentite comfortable, a vostro agio.

Ottimi consigli, da applicare non solo alla recitazione, secondo me. In ultimo, perché purtroppo il nostro tempo è scaduto, cosa ti è piaciuto di più finora di questa Berlinale?

Sinceramente non lo so, perché non ho avuto ancora modo di viverla davvero. Tra shooting, interviste e cerimonie varie le nostre giornate sono così piene che non ho visto nemmeno un film! Non ho neanche girato la città, ed è la prima volta che vengo a Berlino, mi piacerebbe visitarla, no? Spero di riuscire a fare qualcosa prima di andarmene, almeno vedere uno dei film in concorso.

Te lo auguro anch’io! Grazie mille per essere stato con noi, Alessandro, e in bocca al lupo.

Ciao bella, grazie a te.





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