Un film di Carlo Verdone. Con Carlo Verdone, Ilenia Pastorelli, Maria Pia Calzone, Lucrezia Lante Della Rovere, Paola Minaccioni. Commedia, 109′. Italia 2018
Guglielmo Pantalei (Verdone), proprietario di un negozio di articoli religiosi, non si rassegna all’abbandono da parte della moglie dopo 25 anni di matrimonio apparentemente felice. Ma nella sua depressione quotidiana irrompe Luna (Pastorelli), giovane “borgatara” romana, che si candida per il ruolo di commessa nel negozio di Guglielmo nonostante il suo aspetto e i suoi modi facciano più pensare alla lap dance che alle navate di una chiesa. Questa benedetta follia strapperà il sessantenne al declino annunciato verso una senilità rinunciataria e mortifera, aiutandolo ad aprirsi al futuro.
Ventiseiesima fatica cinematografica di Carlo Verdone, “Benedetta follia” racconta la storia di Guglielmo, uomo di mezza età che nel giorno del suo 25° anniversario di matrimonio viene lasciato dalla moglie per un’altra donna, la commessa nel suo negozio di arte sacra e articoli religiosi.
Quando Luna (Pastorelli), una ragazza di periferia, dai modi sfrontati e un po’ coatti, irrompe nella sua vita cercando un lavoro, tutto per Guglielmo cambia: la giovane lo iscrive su Lovit, una app per incontri, e l’uomo si ritroverà suo malgrado alle prese con esilaranti tentativi di approccio da donne disposte a tutto per rimorchiare, finché l’amore tornerà nella sua vita grazie a un incontro fortuito.
Costruito drammaturgicamente su una sorta di scontro di classe con annessi antropologici, il film rovescia ben presto l’assunto, mostrando come la diversità faccia spesso bene alla vita, rimettendola in moto. Da questo punto di vista i duetti tra Verdone e la Pastorelli, qui esaltata in ogni senso, sono spassosi, ben calibrati, neanche troppo prevedibili. L’alchimia tra i due è evidente e gradevole: l’impostato e mite Guglielmo riscopre il suo lato “selvaggio” grazie all’irruente Luna.
Ilenia Pastorelli – dopo l’exploit in “Lo chiamavano Jeeg Robot” – dimostra nuovamente di essere a casa sua davanti alla telecamera: la sua Luna, un mix di innocenza e sfrontatezza, è dolce e genuina, inguaiata con strozzini senza scrupoli e con un padre che non si fa mai vedere.
Con gag a raffica, traiettorie impazzite, situazioni al limite e un respiro corale che ricorda alcuni dei lavori migliori di Verdone, “Benedetta follia” si dimostra un prodotto vincente, non solo perché fa ridere – e anche tanto -, ma perché porta in scena situazioni comiche che raccontano più di quello che rappresentano, suggerendo l’esistenza di un piccolo mondo amaro e mesto dietro gli skatch.
Nonostante qualche pecca – alcune scene sono troppo lunghe e poco sottili – la pellicola di Verdone riesce a intrattenere senza scadere nel puerile e nel nauseante, e a smarcarsi da certi stilemi classici, un po’ troppo abusati nel nostro cinema di genere.