“Annette”: un film multiforme e sfaccettato, che confonde parecchio

Adam Driver e Marion Cotillard protagonisti del musical drammatico di Leos Carax

Un film di Leos Carax. Con Adam Driver, Marion Cotillard, Simon Helberg, Devyn McDowell, James Reade Venable. Drammatico, musical. Francia, USA 2021

Los Angeles. Henry è uno stand-up comedian con uno spiccato senso dell’umorismo; Ann una cantante di fama internazionale. Sul palcoscenico sono la coppia perfetta: felici, pieni di salute e radiosi. La nascita della prima figlia, Annette, una bambina misteriosa con un destino eccezionale, cambierà la loro esistenza.

 

Forse sono solo un po’ arrugginito, e mi serve un attimo per rientrare in sintonia con “l’estetica cinematografica di Cannes” o, più prosaicamente, con le motivazioni di Frémaux e soci. Perché lo ammetto, anche questa volta, io la scelta di “Annette” di Leos Carax come film d’apertura per il Festival non l’ho capita.

Sono al mio primo giorno di kermesse, e alla prima visione, e già sono sommerso da imbarazzo e dubbi. Imbarazzo perché ho difficoltà a incasellare “Annette” in un genere.

Nonostante – e paradossalmente – la pellicola mescoli musical, melodramma, thriller, horror, grottesca satira sui media, ironica critica sulla  gestione dei baby talenti, infatti, sembra come mancarle una chiara identità.

L’imbarazzo è anche legato alle scene di sesso in chiave musical con protagonisti Adam Driver e Marion Cotillard – ho preso atto oggi dell’esistenza di un nuovo filone di trash che qualcuno ama definire autoriale. I due attori risultano stonati, male assortiti, privi di alchimia. E il ruolo mortifica tristemente il talento della Cotillard, davvero scialba. 

Sarei tentato di gridare allo “Spira mirabilis” di Cannes 2021, ma qualcosa mi blocca. E qui nascono i miei dubbi. Sono certo che molti colleghi loderanno chi l’originalità del progetto chi le doti recitative del poliedrico Adam Driver, ipotizzando per lui persino una Palma d’oro. 

L’attore americano si è dimostrato effettivamente volenteroso e generoso nello sposare un progetto così bizzarro, calandosi nel mondo in chiaroscuro di Henry, secondo me con alterne fortune.

Non lo aiuta la sceneggiatura, sconclusionata, frammentaria, in alcuni passaggi persino irritante. Eppure l’accozzaglia che è “Annette” si lascia guardare fino alla fine, fosse solo per capire se e come riuscirà a cavarsela il protagonista. La storia d’amore tra lui e la cantante Ann, invece, emoziona molto poco.

Tra situazioni viste e riviste – la crisi nella coppia famosa, le gelosie artistiche, la crisi professionale – e una bambina “speciale” che spariglia le carte, si segue la storia cercando di capire dove Leos Carax voglia andare a parare, trovandosi costantemente spiazzati.

“Annette” è un film, almeno per me, eccessivamente simbolico, metaforico, stratificato; un film che confonde piuttosto che incantare. Quello che ci lascia, quanto meno, è la consapevolezza che, se fai del male al prossimo e alle persone care, il minimo che puoi aspettarti è di restare solo. Senza amore, senza niente. 

 

Il biglietto da acquistare per “Annette” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

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