Sono una grande appassionata di romanzi storici e in particolare dell’epoca Tudor, e naturalmente sto seguendo con grande interesse la serie che Alison Weir ha dedicato alle sei mogli di Enrico VIII.
Nonostante questo, l’uscita per Neri Pozza di “Anna di Kleve. La regina dei segreti“, poco prima di Natale, ha rischiato di sfuggirmi. Ho notato il romanzo in libreria quasi per caso, e dopo qualche settimana, eccomi pronta a parlarvene.
Kleve, 1530. Come ogni estate il Duca Giovanni III ha condotto la consorte e i figli alla fortezza di Schwanenburg. Quel giorno si uniranno a loro lo zio Otho von Wylich, signore di Gennep, sua moglie Elisabeth e Otho, il figlio bastardo. Non appena il giovane scende dal cocchio, alla quattordicenne Anna quasi si ferma il cuore: con i capelli castani ondulati, gli zigomi alti e gli occhi allegri, Otho esercita un’attrazione irresistibile sulla cugina, sebbene dall’età di undici anni sia ufficialmente fidanzata con Francesco, futuro Duca di Lorena. Ma l’amore non è forse una sorta di follia che spinge ad agire senza senno, come Anna ha appreso ascoltando i pettegolezzi di dame e domestiche?
Anni dopo, Anna è una giovane donna con l’animo gravato da un doloroso segreto. Dopo la morte del padre, suo fratello Guglielmo ha assunto il ruolo di duca, dichiarando che, fino alle nozze, le sorelle condurranno un’esistenza ritirata. Ma dalla rottura del fidanzamento con Francesco, avvenuta quattro anni prima, per Anna non sembrano esserci prospettive di matrimonio all’orizzonte: ha ventitré anni, ormai, e nessun altro principe ha chiesto la sua mano. Del resto, se anche qualcuno ne avesse l’intenzione, Guglielmo sarebbe costretto a declinare l’offerta. Le sue casse sono vuote: come potrebbe permettersi di pagare una dote?
Un giorno, però, a farsi avanti è un pretendente che non può essere rifiutato: re Enrico VIII, il sovrano d’Inghilterra al centro dei pettegolezzi di tutte le corti del mondo cristiano. Enrico VIII ha avuto tre mogli, tutte morte miseramente. La prima avvelenata, stando alle dicerie, la seconda condannata alla decapitazione e la terza morta di parto solo due anni prima. Per tutti è un tiranno, il Papa lo ha scomunicato e lui è in cerca di nuovi alleati e di un’altra moglie. La sua unica richiesta, prima di fare una proposta ufficiale, è quella di avere un ritratto della futura regina, motivo per cui a Kleve viene inviato il pittore di corte Hans Holbein.
Anna sa di non essere una bellezza: certo, ha un colorito roseo, il viso a forma di cuore, la bocca carnosa e le sopracciglia che descrivono un arco elegante. Ma le palpebre sono troppo pesanti, il mento appuntito, il naso troppo lungo e troppo largo. Eppure, quando l’opera è finita, la giovane si emoziona nel vedere il suo viso delineato con tanta delicatezza, il sorriso modesto, la carnagione chiara, lo sguardo fermo, il volto gradevole.
Ma Enrico la penserà nello stesso modo, vedendola dal vivo? O si sentirà raggirato? E Anna sarà in grado di continuare a custodire il suo segreto, o rischierà di tradirsi, finendo per subire la stessa sorte delle regine che l’hanno preceduta? Attingendo a nuove fonti, Alison Weir ritrae sotto una luce nuova la quarta moglie di Enrico VIII: una donna, appassionata e coraggiosa, capace di non piegarsi nemmeno davanti a un destino avverso.
Se a Caterina D’Aragone e Anna Bolena sono stati dedicati negli anni diversi romanzi, a partire dalla terza moglie di Enrico VIII, Jane Seymour, le cose iniziano a farsi più nebulose. Di Anna von Kleve, principessa di un piccolo ducato nell’attuale Germania, scelta come moglie del sovrano per garantirgli l’alleanza dei principi protestanti, i lettori hanno sentito parlare molto poco. Anche perché il suo matrimonio con il re è di breve durata, e nel giro di qualche mese le subentra una nuova regina.
Il romanzo della Weir getta luce sulla vita di Anna sin da quando è una ragazza di 14 anni; una vita “lunga”, se la consideriamo con il metro dei suoi contemporanei (morì infatti all’età di 42 anni, probabilmente a causa di un tumore). Rispetto alle regine che la precedono e la seguono, Anna è una straniera in Inghilterra, quindi è molto interessante leggere le sue impressioni su una terra – e una corte! – tanto diverse da quelle dove era cresciuta.
Come di consueto, Enrico VIII non fa una grande figura in questa versione della storia. Gli autori – e soprattutto le autrici – tendono a dare molto più spesso voce ai personaggi femminili dell’epoca rispetto a quelli maschili – pensiamo solo ai romanzi di Philippa Gregory, sempre scritti dal punto di vista di una donna. Libro dopo libro dopo libro, si finisce quasi per avvertire una sorta di necessità di avere un punto di vista maschile – il punto di vista del re, magari? Giusto per equilibrare, ecco.
Che dire, la serie della Weir si conferma ben scritta, dettagliata, precisa. Ha il pregio di raccontare l’intera biografia della regina in questione, non solo i suoi anni – o mesi – di regno. Però, questo pregio, si trasforma talvolta in un limite. Ognuno dei libri finisce, inevitabilmente, con la morte della protagonista, e le pagine finali sono sempre molto drammatiche ed estremamente difficili da digerire.
Nell’arco di un romanzo, di 300/400 pagine, vediamo una persona crescere, formarsi, provare gioie (non molte) e dolori (parecchi) e poi morire. Ed è difficile leggere quei passaggi, perché alla fine sembra sempre di perdere se non proprio una persona cara, almeno una conoscente.