SINCERO. immenso. struggente
Avete presente quello che si prova ad arrivare alla fine di un “mattone letterario” (penso a “Moby Dick” e al “Signore degli anelli”, penso a “Guerra e pace” e ai “Miserabili”)? Quel sentirsi in egual misura svuotati, stremati, tristi ed euforici? Ecco, io ho provato tutto ciò mettendo via per l’ultima volta “4321” di Paul Auster.
La cosa che più mi ha colpita, di questo profluvio di parole – oltre 900 pagine nell’edizione cartacea, oltre 24 ore di tempo di lettura stimato sul Kindle – è il suo essere sincero, tanto sincero da risultare talvolta persino brutale. Le opere di narrativa non raccontano solo storie a lieto fine, storie dove va tutto bene e ai protagonisti non succede mai niente di brutto – quindi dire le cose come stanno non è una novità in senso assoluto – oppure c’è qualcosa di toccante ed estremamente forte nel modo in cui Paul Auster lo fa.
La sua narrazione è potente come un cazzotto allo stomaco e la cosa buffa è che lo è avendo per oggetto, di fatto, una storia – o forse sarebbe meglio dire una storia declinata in quattro storie – normale. Guai però a definirla banale, perché anche se il protagonista Archibald, Archie, Ferguson è un bambino, un ragazzo e poi un giovane uomo come tanti, le sue vite simili a quelle di tanti altri americani degli anni ’50 e ’60, il solo fatto di essere protagonista di quella che è a tutti gli effetti un’epopea lo eleva al grado di personaggio, di icona, di eroe.
Come l’Ulisse cantato da Omero sarà stato simile a mille guerrieri achei dell’antichità, ma è il suo essere stato scelto per protagonista di un’opera di finzione ad averlo reso immortale, così Archie Ferguson non è più soltanto uno su milioni, è lui e solo lui. Fallibile, tormentato, innamorato, perso, ritrovato. Quante cose differenti è l’Archie di queste pagine! E che esperienza meravigliosa – e triste e dolorosa e coinvolgente – vederlo prendere strade differenti a seconda della versione della storia (1, 2, 3 o 4), incontrare le stesse persone declinate in maniera differente oppure persone del tutto sconosciute, fare fini differenti.
Che ne sarà di noi? O meglio, che ne sarebbe stato se…? Se avessimo perso nostro padre da piccoli e poi nostra madre di fosse risposata? Se avessimo scoperto di avere un’egual passione per uomini e donne? Se avessimo deciso di non proseguire gli studi dopo le superiori e fossimo partiti per un periodo di studio e di vita a Parigi?
Non solo cambiamenti macroscopici, però, “4321” sembra suggerirci anche questo: sono anche le scelte e le emozioni minime, gli incontri in apparenza insignificanti, i gesti più banali che fanno la differenza tra una vita e l’altra, tra la vita che abbiamo e le altre infinite che avremmo potuto avere ma non si concretizzeranno mai.
A nessuno di noi sarà mai dato sapere come sarebbe andata se… ma per fortuna esiste la narrativa, la finzione, e un autore come Paul Auster che ha scritto un romanzo immenso, che è anche un’opera di storia americana del Novecento, una dichiarazione d’amore per il cinema e la letteratura, una storia di formazione e distruzione. Un capolavoro, in sintesi.
SCONSIGLIATO. PUNTO DI DOMANDA. Nì. CONSIGLIATO. IMPERDIBILE