Un film di Lars Damoiseaux. Con Maaike Neuville, Bart Hollanders, Benjamin Ramon,
Clara Cleymans, Annick Christiaens. Horror, 88′. Belgio 2020
Michael e la sua prosperosa fidanzata partono per una “vacanza di chirurgia plastica” e si ritrovano in uno scalcagnato ospedale dell’Europa dell’Est. Qua Michael trova una donna legata a un letto, completamente nuda salvo per una museruola. Volendo aiutarla, la libera. E, in cambio, lei cerca di mangiarlo.
Un ospedale di dubbia reputazione, zombie famelici, colpi di accetta, fiumi di sangue: questi gli ingredienti dello splatter “Yummy” di Lars Damoiseux, presentato online al Trieste Science + Fiction Festival.
Come affermato non senza un pizzico d’orgoglio dal regista, si tratta del primo zombie movie prodotto in Belgio. A renderlo interessante è il tema principale, cioè la rincorsa ossessiva della bellezza, del corpo perfetto, dell’eterna giovinezza.
La vicenda si svolge in un ospedale di chirurgia estetica in una imprecisata nazione dell’est Europa, dove la coppia di protagonisti si reca insieme alla madre di lei, una donna frivola giunta all’ennesimo lifting.
Il nostro lui, Michael, è un antieroe piuttosto sfigato e lo capiamo nei primi cinque minuti – e quindi non dovremmo sorprenderci che poi sia lui a scatenare accidentalmente il putiferio nella clinica. Alison, la sua compagna, giovane molto prosperosa decisa a ridurre la taglia del suo décolleté, è l’esempio di come in condizioni di necessità sia possibile evolvere da donzella in pericolo a furiosa combattente.
Che succede, quindi, nell’ospedale? Succede che si fanno esperimenti medici non proprio legali che generano una sorta di zombie, tenuti rinchiusi finché Michael e Daniel, un impiegato della clinica, non ne liberano uno per sbaglio. E così, come avrete intuito, si genera il caos: pazienti e personale cercano invano di fuggire, tra corpi smembrati e tavoli operatori, e di non venire infettati dal morso degli zombie.
Non mancano momenti comici, come si addice a uno splatter, in cui lo spettatore ride delle assurde disgrazie dei personaggi. Il ritmo è sostenuto e incalzante, e la fotografia un po’ retro ricorda gli anni ottanta.
“Yummy” è un film di genere senza grandi pretese ma ben confezionato e soprattutto sorretto da un messaggio vero: la ricerca ossessiva della bellezza esteriore è deleteria. Se imparassimo ad amarci per quello che siamo, forse produrremmo meno zombie… in tutti i sensi!