È uscito in Italia il 30 settembre, edito da Fazi, “Vita nostra“ della coppia di autori ucraini Marina & Sergej Djačenko, già bestseller a livello internazionale. Una storia di formazione in chiave fantasy unica nel suo genere, dove avventura, conoscenza, fantascienza e filosofia si mescolano e vengono filtrate attraverso la sensibilità letteraria russa.
Durante le vacanze estive, la giovane Saška viene avvicinata da un uomo che la costringe a eseguire una serie di compiti a dir poco bizzarri. La ragazza è spaventata ma non ha altra scelta se non obbedire, ricevendo in cambio delle monete d’oro con un marchio sconosciuto. Gli incarichi continuano e le monete si moltiplicano; l’autunno successivo, invece di iscriversi alla facoltà di Filologia, Saška viene infine spinta ad allontanarsi da casa per raggiungere l’Istituto di Tecniche speciali di Torpa.
Non è una scuola come le altre: i libri risultano incomprensibili, gli insegnanti negano qualsiasi spiegazione e gli studenti più grandi sembrano sempre altrove con la mente. La classe del primo anno prova a restare unita di fronte al rigore quasi crudele dei professori, mentre Saška trova conforto nell’amicizia con Kostja, un ragazzo sensibile che, come lei, vuole solo rimanere a galla per scongiurare terribili conseguenze.
Nonostante tutto, Saška è sempre più attratta dalle lezioni e la sua improvvisa fame di sapere la trascina in uno studio ossessivo e la porta a diventare la migliore del suo corso. Non ci sono però solo giorni esaltanti costellati di progressi, ma anche estenuanti momenti di crisi e metamorfosi inaspettate: il sapere arcano e fondamentale che Saška insegue ha un prezzo molto alto, e lei deve decidere se è disposta a lasciare indietro tutta la sua vita precedente, incluse le persone a cui tiene di più.
Imprevedibile, sorprendente, inquietante: di aggettivi per descrivere in breve “Vita nostra” di Marina & Sergej Djačenko se ne potrebbero trovare tanti. Eppure nessuno, a ben vedere, renderebbe pienamente giustizia all’essenza e alla natura di questa storia, che è poliedrica, polimorfica, a tratti inafferrabile.
Le prime due parti sono quelle che mi hanno convinta di più. La protagonista Saška viene avvicinata da Farit (personaggio che personalmente ho apprezzato molto!) e coinvolta in strampalate e inspiegabili missioni. E poi, a inizio anno scolastico, si ritrova iscritta al misterioso Istituto della cittadina di Torpa, a seguire lezioni che non comprende, a svolgere esercizi in vista di una professione che non si capisce quale possa essere.
La terza parte, invece, mi ha lasciata più scettica e mi ha convinta di meno. La svolta metafisica e filosofica finisce per annichilire tutto il resto, e per lasciare il lettore con poche certezze e tanti, troppi, punti di domanda. Così come il finale, che arriva troppo presto – avrei preferito che al secondo e al terzo anno venisse dedicato lo stesso spazio del primo, e magari che ci fosse modo di sapere anche cos’è successo “dopo”…
Gli autori sono stati magistrali nel costruire una storia senza punti di riferimento, dove il lettore procede a tentoni nel buio più assoluto, come la stessa Saška. Non si capisce cosa venga insegnato agli studenti né perché, non si capisce nemmeno se ci sia davvero un “buono” e un “cattivo”, e questo mistero sempre più fitto è avvolgente, stuzzicante. E inquietante.
Perché “Vita nostra” è un fantasy dall’anima nera, un fantasy molto russo – se mi permettete il termine. L’atmosfera evocata mette i brividi, dalla prima all’ultima pagina. E più che quello che effettivamente succede (sì ci sono delle sparizioni, qualche morto, qualche incidente, ma tutto sommato in numero limitato) è il non detto a dare il tono al racconto. Non sappiamo praticamente nulla, e questo fa sì che possiamo immaginare di tutto!