Un film di Domenico Croce. Con Carolina Sala, Tommaso Ragno, Marouane Zotti.
Thriller, 90′. Italia 2022
Una ventenne vive isolata in casa da anni, chiusa nella propria stanza in compagnia del cane Hiro. Traumatizzata da un evento lontano nel passato, passa le giornate su internet, realizzando splendidi disegni stilizzati e conversando con il padre, un insegnante affettuoso che cucina per lei e chiacchiera spesso e volentieri dall’altro lato della porta. Convinta dal padre, la ragazza apre un account su un social network e poco dopo conosce un ragazzo con il quale diventa amica e comincia ad aprirsi. Contemporaneamente, osservando dalla finestra i vicini, nota strani movimenti, qualcosa di sospetto, forse addirittura un delitto. Anche il padre, in realtà, comincia a comportarsi in maniera strana, facendo sorgere nella ragazza il dubbio che la sua vita non sia come l’ha sempre creduta…
Come mai una ragazza di vent’anni bella e dotata di grande talento nel disegno si rifiuta di uscire dalla propria stanza? Quali ragioni, se ce ne sono, si nascondono dietro questa scelta apparentemente inspiegabile? E un genitore coscienzioso dovrebbe assecondare tale comportamento oppure intervenire?
Lo spettatore si pone inevitabilmente queste e simili domande dopo l’inizio misterioso quanto claustrofobico di “Vetro”, opera prima di Domenico Croce, presentato al Bifest 2022 e adesso in uscita al cinema.
La vita da “reclusa volontaria” condotta dalla protagonista (Sala), che ha rapporti con l’affettuoso padre solo attraverso la porta chiusa, ci lascia stupiti e preoccupati. La situazione ci fa pensare che la ragazza sia una hikikomori italiana.
Il fenomeno, nato in Giappone, negli ultimi anni si è diffuso anche in Occidente. Migliaia di adolescenti e non decidono di vivere nella loro stanza, isolandosi dal resto del mondo e di fatto auto-confinandosi. Eppure “Lei” sembra serena nel suo piccolo mondo, disegna, ha un cane come fedele compagno.
Lo spettatore sembrerebbe quindi chiamato a calarsi in una storia dall’impianto più teatrale che cinematografico, bloccata a livello spaziale e temporale. Ma le certezze vengono meno, quando “Lei” inizia causalmente una relazione virtuale con un ragazzo e al contempo osserva i vicini notando movimenti sospetti. Arriverà a mettere in dubbio anche il padre amorevole e la sua vita…
All’improvviso e in modo drastico, “Vetro” si trasforma da pellicola introspettiva in qualcos’altro, cambia prospettiva, ritmo, e paradossalmente questo porta a una perdita di linearità e coerenza narrativa. Difficile non pensare a due precedenti film: “Room” di Lenny Abrahamson con protagonisti Brie Larson e Jacob Tremblay e “La finestra sul cortile” di Alfred Hitchcock.
“Vetro” parte bene, spiazzando e incuriosendo il pubblico, per merito soprattutto della brava e camaleontica Carolina Sala, capace di reggere in modo credibile la scena pressoché da sola.
Questo era un ruolo complesso, ricco di sfumature e di non detti che la giovane attrice è riuscita a gestire bene nella prima parte, per poi perdersi nella seconda. Il limite però non è della Sala quanto della sceneggiatura traballante e della smania degli sceneggiatori di allargare troppo la storia, perdendo così il focus del film.
“Vetro” aveva buone potenzialità artistiche, recitative e narrative che sono state sfruttate solamente in parte. Il cerchio è stato chiuso in modo frettoloso e inverosimile. Nonostante le criticità, comunque, questo rimane un esperimento nel complesso coraggioso che vi permetterà di apprezzare Carolina Sala e confermare la saggezza del detto popolare “l’apparenza inganna”… anche in famiglia.