di Massimo Vozza
Un film di Denis Rabaglia. Con Diego Abatantuono, Antonio Folletto, Mirko Trovato, Sandra Milo, Roberto Ciufoli. Thriller, 97′. Italia 2018
In una notte di pioggia il professore di astrofisica Enzo Stefanelli soccorre e salva un giovane ferito da un colpo di pistola. Così gli deve ora riconoscenza e decide di dimostrargliela in un modo particolare. Visto che è un killer di professione, è pronto a uccidere gratuitamente quello che Enzo considera il suo peggior nemico. Il professore inizialmente si ritrae: non pensa di avere nemici. Il killer lo spingerà a guardarsi intorno e progressivamente le idee di Enzo cambieranno.
Pubblicizzato come un thriller in salsa italiana, “Un nemico che ti vuole bene” di Denis Rabaglia, con Diego Abatantuono, è in realtà una commedia (poco) nera che non riesce a mescolare a dovere le sue diverse anime.
La sceneggiatura scritta a dieci mani (comprese quelle dell’attore protagonista) fallisce nell’intento di amalgamare spunti comici e suspence, finendo per risultare troppo cauta, troppo ancorata a una narrazione per forza realistica, anche se mai credibile. Lo sviluppo della storia, a tratti anche originale ma piena di buchi nello sviluppo, non diverte nemmeno a sufficienza.
I personaggi, interpretati in modo sufficiente ma niente di più da un cast che include attori televisivi e altri più navigati, risultano superficiali e poco innovativi – ritornano i soliti stereotipi delle commedie italiane, come ad esempio quello del criminale napoletano.
Si salva dall’anonimato solo il protagonista, il professor Stefanelli, che un buon Diego Abatantuono trascina fino all’epilogo, eccessivamente buonista, che tradisce le aspettative del pubblico.
La regia si mette al servizio della vicenda in modo accademico, non regalando però grandi guizzi creativi. La colonna sonora, invece, risulta ingombrante, ripetitiva, il più delle volte fuori luogo rispetto al film.
Insomma, l’idea di partenza di “Un nemico che ti vuole bene” poteva anche essere buona, ma sarebbe servito maggior coraggio per premere l’acceleratore e portarla su un altro livello, poco esplorato nel nostro cinema: il grottesco.