“Un caso speciale per la ghostwriter”: recensione del libro di Alice Basso

Tornano Vani Sarca, il commissario Berganza e gli altri personaggi nel quinto capitolo della serie

Le cose cambiano. Le storie finiscono. Altre storie iniziano.
E ci vuole coraggio per affrontare tutto questo. Questo grande romanzo d’avventura che è la vita. Che lo vogliamo o meno. Ma è bellissimo.

Si chiude praticamente con questo paragrafo Un caso speciale per la ghostwriter, il quinto libro di Alice Basso, edito da Garzanti, dedicato alle avventure e alle indagini di Vani Sarca. Non so a voi, ma a me queste frasi hanno fatto pensare ad un addio – o almeno ad un arrivederci, eventualmente, a un futuro lontano.

Non lo so se Alice Basso abbia già deciso cosa fare della sua serie, della sua protagonista e della sua carriera. Non lo so se quando ha pubblicato questo quinto romanzi “di Vani” avesse già preso una qualche decisione o se ci stia ancora pensando su. Quello che so è che “Un caso speciale per la ghostwriter” è un buon momento, volendo, per mettere un punto e passare ad altro.

Abbiamo conosciuto Vani Sarca nel 2015, con il romanzo L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome, quando era una trentenne solitaria, appassionata del proprio lavoro di ghostwriter e di poco altro. Cresciuta in una famiglia che la capiva poco, Vani aveva deciso di prendere le distanze dal mondo e delle persone. Per scelta, certo. Ecco il motivo degli abiti neri in stile vampiro, delle unghie laccate in colori dark, della lingua tagliente e dell’esistenza ascetica.

La Vani che lasciamo alla fine di “Un caso speciale per la ghostwriter” è un personaggio – e una persona! – completamente diversa, una persona che ha imparato ad aprirsi agli altri, che ha stretto dei legami e dato diverse svolte alla sua vita. Non ha abbandonato il look totale black o la battuta sarcastica, certo, ma la Vani di oggi ha compiuto un percorso di crescita e di sviluppo non indifferente.

Per questo penso che se Alice Basso decidesse di non proseguire la sua serie, la cosa avrebbe un senso. Da fan mi dispiacerebbe perdere l’appuntamento annuale, in primavera, con il nuovo caso e la nuova storia di Vani; da persona razionale so che chiudere il cerchio in maniera sensata, salutare una storia quando ha fatto il suo corso è un gran pregio. Vedremo cosa succederà, ovviamente.

Almeno qualche nota su “Un caso speciale per la ghostwriter“, di cui ho finito per parlare solo di sfuggita. In passato quello che dei romanzi della Basso mi aveva convinto meno era stata la componente gialla, i “casi di giornata”, a mio parere un po’ improvvisati e non sempre omogenei con il resto della storia.

Ho apprezzato quindi il fatto che questa volta l’autrice abbia evitato di unire giallo e commedia, limitandosi a sviluppare solo quest’ultima. Sì, è vero che il capo di Vani, Enrico Fuschi, scompare nel nulla e i nostri eroi si mettono sulle sue tracce tra false piste, scoperte, viaggi a Londra e nelle Langhe, ma tutto è declinato in chiave decisamente più comica e leggera rispetto al passato. E il risultato finale ci guadagna.

Il romanzo è avvincente, divertente, gradevole da leggere. Ma fa anche riflettere. Ed è questa una delle caratteristiche che da sempre apprezzo di più dei libri con protagonista Vani. Parlano del magico mondo dell’editoria, di scrittori, ghostwriter e redattori, ma anche di tematiche delicate e vicine a tutti come la famiglia, l’accettazione di sé, l’amicizia.

Alla fine i personaggi – Vani e Berganza, certo, ma anche Irma, Morgana, Riccardo, Lara – ci sembrano persone conosciute, amici di vecchia data. Perché le loro vicende sono romanzesche ma comunque credibili, realistiche. Perché ci fanno viaggiare con la fantasia ma anche pensare alla nostra vita, e a come renderla migliore.