“Tramonto”: un mistery elegante ma con diverse ambiguità irrisolte

László Nemes, dopo aver conquistato pubblico e critica con "Il figlio di Saul", delude le attese

Un film di László Nemes. Con Vlad Ivanov, Susanne Wuest, Björn Freiberg, Levente Molnár, Urs Rechn. Drammatico, 142’. Ungheria, Francia 2018

Budapest, 1913. L’Europa austroungarica è all’apice del progresso e dello sviluppo tecnologico. La giovane Irisz Leiter, tornata nella capitale ungherese dopo gli anni spesi a Trieste a studiare come modista, vorrebbe lavorare nella leggendaria cappelleria dei suoi defunti genitori. Ha il nome e le abilità per farlo, ma il nuovo proprietario, il signor Brill, la respinge. Sono attesi ospiti reali e non vuole problemi. Irisz, però, non se ne va, specie dopo aver scoperto l’esistenza di un fratello, Kálmán, che vive nascosto per essere stato protagonista di un oscuro delitto. La ricerca di Kálmán la conduce nel cuore di tenebra di una civiltà sull’orlo della propria rovina.

 

Chi è stato davvero a ideare, sceneggiare e dirigere il film “Tramonto”, presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2018? Non può trattarsi dello stesso László Nemes che due anni fa, con “Il figlio di Saul”, ha conquistato e commosso il pubblico e la critica!

“Tramonto” è un estenuante, noioso e ripetitivo cane che si morde la coda. Lo spettatore, dopo aver resistito alla tentazione di scappare dalla sala dopo la prima, inutile presentazione della protagonista e degli altri personaggi, rimane intrappolato in un loop intimistico ed essenziale da cui non c’è verso di uscire.

L’idea, lo si capisce tra le righe, e leggendo la sinossi, sarebbe stata quella di condividere i sentimenti che si alternano nel cuore della giovane Irisz Leiter – angoscia, malinconia, amore, sofferenza –, tornata nella Budapest di inizio Novecento dopo aver studiato come modista a Trieste.

In effetto un’emozione lo spettatore la prova anche, lo stordimento. Per poi concludere che Nemes deve avere un gemello cattivo e artisticamente sadico, che ha deciso di punire il pubblico di Venezia e danneggiare la carriera del fratello.

La sceneggiatura di “Tramonto” somiglia a una brutta forma di groviera, tutta buchi e incongruenze. Un vero incubo per chi ama storie lineare, razionali e intense.

L’augurio è che il vero László Nemes venga quanto prima rimesso in libertà, così che questo film non sia il tramonto di una bella e talentuosa carriera stroncata sul nascere.