Un film di Martin Scorsese. Con Leonardo DiCaprio, Jonah Hill, Margot Robbie, Matthew McConaughey, Kyle Chandler. Biografico, 180′. USA, 2014
Jordan Belfort è un broker cocainomane e nevrotico nella New York degli anni Novanta. Assunto dalla L.F. Rothschild il 19 ottobre del 1987 e iniziato alla ‘masturbazione’ finanziaria da Mark Hanna, yuppie di successo col vizio della cocaina e dell’onanismo, è digerito e rigettato da Wall Street lo stesso giorno in seguito al collasso del mercato. Ambizioso e famelico, risale la china e fonda la Stratton Oakmont, agenzia di brokeraggio che rapidamente gli assicura fortuna, denaro, donne, amici, nemici e (tanta) droga. Separato dalla prima moglie, troppo rigorista per reggere gli eccessi del consorte, Jordan corteggia e sposa in seconde nozze la bella Naomi, che non tarda a regalare due eredi al suo regno poggiato sull’estorsione criminale dell’alta finanza e la ricerca sfrenata del piacere. Ma ogni onda cavalcata ha il suo punto di rottura. Perduti moglie, amici e rotta di navigazione, Jordan si infrangerà contro se stesso, l’inchiesta dell’FBI e la dipendenza da una vita ‘tagliata’ con cocaina e morfina.
Il messaggio che passa “The wolf of Wall Street” di Martin Scorsese – droga, sesso e ancora droga aiutano a raggiungere i propri obiettivi – è un messaggio profondamente sbagliato. Eppure servono appena un paio di scene e una mezz’ora per superare questa avversione iniziale e immergersi a pieno nella vita di Jordan Belfort, nel Jordan-pensiero.
Questo è prima di tutto un film esagerato, che racconta fatti esagerati in modo esagerato. Scorsese e i suoi protagonisti non hanno peli sulla lingua e in questa caricatura – ma nemmeno tanto? – della vita delle persone di successo vengono raccontati tutti i particolari, tutte le storture, senza nascondere proprio niente.
Il fatto che il personaggio principale sia “il cattivo” porta il pubblico a fare il tifo per lui, a pensare che tutto è lecito? Nemmeno tanto. Dall’inizio alla fine chi guarda è consapevole che le scelte di Jordan siano eticamente, ma sopratutto legalmente, sbagliate. Le amanti, l’avvicinamento a quella che diventerà poi la seconda moglie, la droga. E poi i magheggi societari, la prestanome, i soldi in Svizzera. Jordan inanella una serie di azioni folli e al limite, ma lo fa con talmente tanta convinzione che, quanto meno, non si fa odiare. Amare, però, è un’altra cosa.
Meglio una vita retta e dentro le regole, oppure un’esistenza sempre sopra le righe? Detta in modo diverso: chi è più felice, quello che non fa mai niente di sbagliato ma vive una vita mediocre, comune, oppure quello che fa tutto sbagliato, ma vive a pieno, come se non ci fosse un domani?
Quando l’agente Patrick Denham torna a casa, in metro, tra persone comuni e stanche, immagino si sia chiesto qualcosa di simile. In questa scena c’è tutta l’essenza del film e le contraddizioni della realtà raccontata da Scorsese. Quello che fanno Jordan e soci non si fa – oggettivamente lo sappiamo – ma se ci lasciamo prendere dalla parte soggettiva…
Meglio una vita da leoni o una da pecora? Dove sta il limite tra il lecito e l’illecito? E soprattutto, cosa sareste disposti a fare per vivere alla grande?