Un film di Sierra Pettengill, Pacho Velez. Con Ronald Reagan, Nancy Reagan, Mikhail Gorbachev, George Bush. Documentario, 75’. USA, 2017
Basato sui filmati dei telegiornali degli anni Ottanta e su alcune videocassette registrate dalla stessa amministrazione pubblica, il documentario racconta ciò che ha significato la presidenza di Ronald Reagan.
Chi ha fatto dell’antiberlusconismo una scelta di vita e a volte una vera e propria professione, probabilmente non era nato – o ha dimenticato – che negli anni ‘80 un certo Ronald Reagan è stato presidente degli Stati Uniti.
Se Berlusconi è stato l’inventore delle reti commerciali, infatti, Reagan – discreto attore di Hollywood negli anni ’40 e ’50 – è stato il primo a utilizzare in modo capillare i media in politica. Sebbene storici e analisti politici si orientino oggi verso una sorta di revisionismo critico nei confronti del modello economico, politico e sociale reaganiano, non si può negare la notevole influenza che quella presidenza ebbe sulla società americana e sul mondo intero.
Sierra Pettengill e Pacho Velez, dopo un lavoro di tre anni, hanno deciso di puntare l’obiettivo sui cambiamenti nella comunicazione politica attuati dal 40° presidente degli Stati Uniti. “The Reagan show” è un documentario composto esclusivamente dal materiale messo a disposizione dall’ufficio stampa della Casa Bianca; materiale che non manca, visto l’altissimo numero di video, servizi e interviste dedicate alla figura del presidente prodotti in quegli anni.
La scena iniziale fotografa alla perfezione lo stile e il pensiero di Ronald Reagan. Al giornalista della CNN che a pochi giorni dalla fine del suo secondo mandato gli chiedeva se essere stato un attore lo avesse agevolato nel suo compito, rispose sorridendo: “Molto spesso ho pensato che senza il mio passato artistico non sarei riuscito ad essere un buon presidente”.
“The Reagan show” è stato concepito, come ha dichiarato in conferenza stampa la regista Sierra Pettengill, prima della discesa in campo e della successiva vittoria di Donald Trump, per provare a spiegare come mai i conservatori si dimostrino più abili rispetto ai democratici nell’utilizzare e talvolta manipolare i media.
Tre i momenti clou a livello di comunicazione della presidenza. Uno nei primi anni di governo, quando Reagan fece passare il messaggio che l’Urss fosse l’impero del male e gli Stati Uniti avessero quindi il diritto di difendersi, con qualunque mezzo, anche la corsa agli armamenti nucleari e lo scudo spaziale (rinominato ironicamente “Guerre Stellari” dalla stampa internazionale).
Il secondo nel 1987, quando dopo svariate smentite il presidente dovette ammettere lo scambio avvenuto con l’Iran, armi in cambio di prigionieri americani. Il terzo, infine, sul finire del mandato con l’apertura del dialogo nei confronti della Russia, merito anche del nuovo segretario generale sovietico, Michail SGorbačëv.
Il documentario è interessante, ma gli manca l’analisi e l’approfondimento storico della società dell’epoca, che sarebbe servito per dipingere i due lati della medaglia e non solo uno. La voce popolare, a nostro avviso, dovrebbe sempre essere inclusa in progetti come questo.
Anche la carriera politica di Reagan prima di diventare presidente è solamente accennata. Sarebbe stato opportuno, magari, occuparsi maggiormente di questo aspetto, per chiarire il percorso che lo ha portato nello Studio ovale.
Dettagli a parte, c’è da sperare che anche in Italia, tra trent’anni, qualche coraggioso e obiettivo documentarista faccia la medesima operazione di racconto super partes su Silvio Berlusconi. Perché la verità storica deve avere sempre la meglio sugli spot e sulla propaganda.
Il biglietto da acquistare per “The Reagan show” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.