“The Laundromat”: con ironia dentro lo scandalo dei Panama Papers

Il film di Steven Soderbergh, diviso in capitoli, affronta il fatto di cronaca con piglio ironico e pungente

Un film di Steven Soderbergh. Con Meryl Streep, Gary Oldman, Melissa Rauch, Jeffrey Wright, Alex Pettyfer, David Schwimmer. Drammatico, 95′. USA 2019

Quando Ellen Martin perde il marito in un tragico incidente durante una crociera sul Lake George, ha inizio per lei un altro viaggio, di diverso genere: la scoperta di una matrioska di assicurazioni fasulle che fanno capo ad uno studio legale, Mossack Fonseca, proprietario di un paio di centinaia di migliaia di società offshore, con sede a Panama. E sono proprio gli stessi, elegantissimi, Jurgen Mossack e Ramon Fonseca a guidarci in una tragicomica storia del credito che porta dall’epoca antica del baratto di beni di primaria necessità a quella contemporanea, in cui la ricchezza è affare di pochi, contenuta nominalmente dentro impalpabili fogli di carta e assicurata dalla teoria e dalla pratica dell’evasione fiscale.

 

Tratto liberamente dal libro del 2017 del giornalista Jake Bernstein, “Secrecy World”, che fornisce il materiale ufficiale per il film, “Panama Papers” (The Laundromat) di Steven Soderbergh racconta, sotto forma di commedia farsesca, lo scandalo dei Panama Papers, esploso nell’aprile del 2016.

A fare da narratori, con spiegazioni non sempre chiarissime, sono proprio i vertici dello studio legale che ha messo insieme il fascicolo riservato digitalizzato composto da 11,5 milioni di documenti confidenziali su società offshore: Jurgen Mossack (Oldman) e Ramón Fonseca (Banderas).

Soderbergh cerca di trattare i problemi del mondo reale come si trattasse di qualcosa di leggere – in questo senso va vista anche l’esuberante colonna sonora di David Homes, già compositore del film “Ocean’s Eleven”. La sua voglia di sperimentare è lodevole, ma questa volta il risultato lascia perplessi. Il problema principale di “Panama Papers” è proprio la sua totale mancanza di coerenza.

Diviso in capitoli che spaziano da Las Vegas alla Cina, dal Messico alle Indie occidentali, la pellicola sembra trovare il suo centro in Ellen Martin (Streep), dedicandole tutta la prima parte, salvo poi abbandonarla nella seconda, dove a dominare sono personaggi molto meno interessanti.

Divertente e ironico grazie soprattutto alle apparizioni dei due avvocati che utilizzano esempi di basso profilo per spiegare questioni alla base dell’economia moderna e del sistema bancario, “Panama Papers”, nonostante l’intenzione di chiarire quanto avvenuto, non riesce mai ad andare oltre la superficie.