Un film di Kirill Serebrennikov. Con Irina Starshenbaum, Teo Yoo, Roman Bilyk. Biografico, 120′. Russia, Francia, 2018
Viktor incontra la prima volta Mike e Natasha, un giorno d’estate (“leto” in russo). Mike ha già una discreta notorietà come cantante e una passione per la musica rock – Beatles, Iggy Pop, Blondy, Lou Reed, Bowie – che la Russia sovietica cerca di tenere fuori dalla porta. Viktor è meno solare, molto espressivo, già post punk. Mike ne riconosce il talento, trova un nome per la sua band, Garin i giperboloidy, e lo aiuta a registrare e far conoscere la sua musica. Ma il fascino di Viktor colpisce anche Natasha, moglie di Mike e madre di suo figlio.
Probabilmente nell’immaginario di molti, sicuramente nel mio fino a oggi, era radicata la convinzione che emanciparsi dalla soffocante disciplina impostata dal Partito per un giovane nell’Unione Sovietica degli anni ’80 fosse mera utopia.
Ci è voluto Cannes 2018 e il film russo “Summer” di Kirill Serebrennikov, presentato in concorso, per sradicare questa errata convinzione, aprendo al pubblico occidentale le porte della scena rock russa anni ’80.
Ebbene sì, cari lettori, anche nella Russia di quel periodo sono esistite star e band idolatrate dai giovani – anche se molto probabilmente noi non le abbiamo mai sentite nominare.
Vi dice niente il gruppo Kino? E Viktor Coj? Non abbiate timore di scuotere la testa, anche io ne ignoravo l’esistenza prima della proiezione – come buona parte dei colleghi giornalisti, probabilmente, anche se morirebbero prima di ammetterlo.
Il film ci riporta indietro all’estate del 1981 – da qui il titolo, leto, che in russo significa proprio estate. La storia ruota intorno a Viktor Coj (Yoo), al musicista e rocker affermato Mike e alla moglie di lui Natasha e supera il semplice biopic per concentrarsi su due tematiche principali: l’amicizia e l’amore.
C’è già chi ha definito “Summer” la risposta russa al cult “La La Land” di Chazelle. Nonostante le differenze – prima di tutto nel taglio e nello stile registico – la parte musicale risulta anche qui godibile, creativa e ironica, un mezzo efficace per criticare velatamente (?) la censura e il bigottismo dell’epoca – non tanto diversi da quelli di oggi.
Le scene dei concerti, con il pubblico costretto a seguire regole restrittive e davvero grottesche, sono scritte in modo magistrale, esilaranti, convincenti.
Le maggiori criticità – soprattutto una messa in scena piuttosto lenta, prolissa, a tratti banale – emergono invece nella parte più strettamente biografica.
I tre attori principali – Teo Yoo, Irina Starshenbaum e Roman Bilyk – si rivelano perfettamente a loro agio nei rispettivi ruoli, donando ai personaggi profondità, umanità e autenticità e riuscendo a creare una buona empatia con lo spettatore.
È possibile giudicare un film senza tenere presente ciò che lo circonda, la situazione che vivono – ad esempio – chi lo ha diretto o chi lo ha interpretato? Ognuno può darsi la risposta che preferisce. Per adesso vi dico che “Leto” è una pellicola coraggiosa e audace, che magari merita un qualche riconoscimento al Festival di Cannes ma ancora di più l’apprezzamento del pubblico internazionale.
Il biglietto da acquistare per “Summer” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.