Un film di Benedict Andrews. Con Kristen Stewart, Jack O’Connell, Margaret Qualley, Anthony Mackie, Colm Meaney. Biopic, 102′. USA 2019
Jean Seberg, protagonista di Fino all’ultimo respiro e beniamina della Nouvelle Vague francese, finisce nel mirino del programma di sorveglianza illegale dell’FBI, COINTELPRO. Il coinvolgimento politico e sentimentale dell’attrice con l’attivista per i diritti civili Hakim Jamal la rende un obiettivo sensibile per il Bureau, intenzionato a screditare come possibile il movimento del Black Power. Incaricato della sua sorveglianza è un giovane e ambizioso agente federale, Jack Solomon. I destini dei due si intrecciano in modo pericoloso…
Ispirato a fatti realmente accaduti, “Seberg” è la storia di Jean Seberg, attrice icona della Nouvelle Vague francese, che sul finire degli anni Sessanta finì nel mirino dell’FBI per il suo rapporto con Hakim Jamal, nipote di Malcolm X ed esponente del Black Panther Party.
Il film di Benedict Andrews cerca di raccontare la vicenda principalmente dal punto di vista della donna, interpretata da Kristen Stewart. A questa narrazione “principale” si alterna quella con gli occhi dell’agente dell’FBI Jack Solomon (O’Connell) che la sorveglia, dove prevale una sorta di voyeurismo a “La finestra sul cortile”.
Le intenzioni sono lodevoli, ma ho trovato “Seberg” un film inconcludente, con una sceneggiatura sbilanciata e poco sviluppata. Gli episodi della vita dell’attrice – tormentata e sconvolgente nel suo insieme – che si è scelto di raccontare non sono a mio avviso i più interessanti. Chi di dovere avrebbe potuto fare di meglio, nella selezione.
Il film è comunque piacevole, chiaramente pensato per il grande pubblico. Il cast non sfigura, e la Stewart spicca. La regia di Andrews – con solo opere vicine al teatro all’attivo – è interessante.
A fare la differenza in senso positivo è la solida storia di base, quella di una stella del cinema che non voleva solo essere apprezzata per il suo lavoro sul set ma anche fare la differenza nel campo dei diritti civili. E diciamo che “Seberg” rende giustizia a questa sua anima attivista.