RomaFictionFest | Diario di bordo | Baron noir, Midnight sun, Roots

La seconda giornata del RomaFictionFest è stata per il vostro inviato, dopo aver assolto i compiti assegnati dal direttore Turillazzi, anche l’occasione di essere un felice teledipendente semplice e vedere alcune proposte del Concorso Internazionale e delle Anteprime Fuori Concorso.

 

BARON NOIR

Francia, 2016, S.1, Ep.8×60′. Con Kad Merad, Niels Arestrup, Anna Mouglalis

“Baron Noir” di Eric Benzekri e Jean-Baptiste Delafon è una serie francese in 8 puntate. Protagonista Kad Merad (Giù al Nord), nel drammatico ruolo di Philippe Rickwaert, sindaco di una cittadina del Nord della Francia e stretto collaboratore di Francis Laugier (Niels Arestrup), candidato dei socialisti alle Presidenziali.

A pochi giorni dal voto, però, Philippe è coinvolto in uno scandalo riguardante la mala gestione amministrativa delle case popolari e il finanziamento illecito della campagna elettorale del partito. Il tesoriere, che ha convinto ad assumersi ogni responsabilità, non regge alla pressione e si toglie la vita, e questo mette Philippe in una situazione delicata. I vertici del partito, Laugier in testa, meditano infatti di prendere le distanze e lasciarlo al suo destino.

Determinato a non essere l’agnello sacrificale in questa sorta di “ultima cena” politica, Philippe decide di contrattaccare, portando avanti una feroce vendetta…

La drammaturgia e la struttura narrativa stessa di “Baron Noir” non possono non evocare nello spettatore l’atmosfera e i toni di “House of cards” – non a caso i critici d’Oltralpe l’hanno definita la risposta francese alla serie cult targata Netflix.

Pur non avendo la forza e l’incisività narrativa del precedente, la serie presenta una buona impostazione sul piano registico e stilistico, ma molto del suo appeal risiede nella convincente e sorprendente interpretazione di Kad Merad, che il pubblico italiano è abituato a vedere in ruoli più da commedia.

Qui, invece, l’attore mostra talento ed eclettismo nell’interpretare un personaggio oscuro, negativo e drammatico, risultando credibile e d’impatto, creando un ponte emotivo con lo spettatore e soprattutto generando un discreto pathos soprattutto nella seconda parte del primo episodio, dopo una partenza un po’ lenta e macchinosa.

Alla fine della prima puntata di “Baron Noir” il guanto di sfida è stato lanciato, e lo spettatore è curioso di sapere come evolverà la tenzone tra il maestro e l’allievo, ora feroci avversari.

 

MIDNIGHT SUN / MIDNATTSSOL / JOUR POLAIRE

Svezia, Francia, 2016, S.1, Ep.8×60′. Con Leïla Bekhti, Gustaf Hammarsten, Peter Stormare

È stata invece una grossa delusione “Midnight sun”, produzione franco–svedese degli autori dell’acclamata serie scandinava “Bron” (The bridge).

L’inizio è scoppiettante e allo stesso tempo inquietante. Un uomo disperato e incredulo è legato alla pala di un elicottero pronto a decollare. La sua morte dà il là a un’indagine congiunta tra la polizia svedese e quella francese, rappresenta dall’agente Kahina Zadi, su cui pesa un passato familiare doloroso.

Le brillanti premesse iniziali, purtroppo, vengono disattese quasi subito da uno sviluppo narrativo confuso, lento e privo di una chiara identità. Il sottoscritto, annoiato e irritato, ha lasciato la sala prima della fine.

 

ROOTS

Stati Uniti, 2016, S. 1, Ep.4×120′. Con Forest Whitaker, Anna Paquin, Jonathan Rhys Meyers, Laurence Fishburne, Malachi Kirby, LeVar Burton

La giornata si è conclusa con la visione dell’atteso remake della mini-serie “Roots” (Radici), che negli anni ‘70 conquistò milioni di telespettatori prima negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo.

La tragedia della schiavitù trova il suo racconto televisivo più celebre in questa serie tratta dall’omonimo romanzo del giornalista e scrittore Alex Haley, diventato famoso per aver collaborato alla stesura dell’autobiografia di Malcom X.

Il reboot – 4 puntate da due ore ciascuna – arriverà in Italia sul canale 407 di Sky a partire dal 16 dicembre.

History ha deciso di dare un taglio innovativo alle vicende di Kunta Kinte, uomo nato libero della stirpe dei mandingo catturato dai nemici della casta dei Koro, fatto prigioniero e venduto come schiavo in America. La scelta dei produttori è di raccontare con un linguaggio nuovo e con uno stile registico crudo, realistico, a tratti violento la sofferenza e la lotta per la libertà degli uomini di colore.

Il reboot di “Root” ha subito delle modifiche drammaturgiche e strutturali rispetto all’originale, frutto anche delle maggiori informazioni storiche oggi disponibili su determinati argomenti, per provare a conquistare il pubblico moderno, abituato a prodotti di alto livello recitativo e tecnico.

Il cast è stellare. Vi figurano i premi Oscar Forest Whitaker (L’ultimo Re di Scozia) e Anna Paquin (Lezioni di Piano, True Blood), Laurence Fishburne (Matrix), Jonathan Rhys Meyers (I Tudor, Match Point), James Purefoy (The Following). Kunta Kinte è interpretato dall’esordiente Malachi Kirby.

Tra i registi che hanno firmato i quattro episodi ricordiamo Bruce Beresford (A spasso con Daisy) e Philip Noyce (Il collezionista di ossa).

Questo nuovo “Roots” non lascia indifferenti né dal punto visivo, grazie all’accurata e attenta ricostruzione scenografica, ambientale e di costumi, né per ciò che riguarda la costruzione dei personaggi e del loro sviluppo che genera un buon pathos e un avvolgente e angosciante ritmo.

Gli attori visti nella prima puntata sono tutti degni di menzione, a cominciare dall’esordiente protagonista che ha dimostrato personalità e grande presenza scenica.

La visione della mini-serie è consigliata, in un momento storico come quello presente in cui populismo e odio razziale sembrano riemergere prepotentemente anche in Europa, e a seguito dell’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti il timore di una perdita dei diritti civili è diffuso.

 

Per oggi è tutto dal RomaFictionFest. Al prossimo appuntamento.