Un film di Danielle Lessovitz. Con Fionn Whitehead, Leyna Bloom, McCaul Lombardi, William Dufault. Drammatico. USA 2019
Paul, un adolescente appena arrivato a New York, si innamora della transessuale Wye. Quando Paul scopre l’identità biologica di Wye, intraprende un percorso di auto-scoperta e accettazione che lo porterà a trascendere le norme binarie di genere e ad aprirsi verso una nuova realtà.
Se dovessi riassumere il mio commento su “Port Authority” di Danielle Lessovitz, presentato al Festival del cinema di Cannes e adesso al TFF, nella sezione Festa Mobile, in una battuta soltanto, probabilmente sarebbe: non esistono più i rapporti statici di una volta!
Gli esperti, oggi, parlano di sessualità fluida. Ma in ogni caso è ancora possibile piacersi e magari persino innamorarsi al primo sguardo, subito dopo essere sceso dal pullman nella città di New York.
L’esordio della Lessovitz è un film che promette di far parlare di sé, raccontando la maturazione esistenziale, emotiva e sessuale del giovane Paul (Whitehead), che scoprirà come la vita, nella Grande Mela, sia tutt’altro che lineare o priva di sorprese.
Il titolo, che rimanda a una fermata del bus, assume un forte valore simbolico. Qui Paul incontra per la prima volta Wye, ballerina transgender, e la sua famiglia di Drag queen e questo luogo diventerà uno spartiacque decisivo nella sua vita.
“Port authority”, al di là di qualche limite strutturale e di qualche criticità drammaturgica, è una pellicola piacevole, dove l’interesse e la curiosità del pubblico sono mantenuti alti fino all’ultima, romantica e musicale scena. Un esordio non solo per la regista ma anche per l’attrice transgender Leyna Bloom, affascinante e di grande personalità.
Dopo aver visto questo film, lo spettatore non potrà che affrontare con maggior gioia e fiducia le attese alla fermata del bus e le cose. Chissà che non siano l’occasione giusta per incontrare l’amore.
Il biglietto da acquistare per “Port Authority” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.