“Nelle pieghe del tempo”: quando un classico diventa contemporaneo

Dal romanzo di Madeleine L’Engle del 1963, un'avventura che insegna ad accettarsi per ciò che si è

Un film di Ava DuVernay. Con Oprah Winfrey, Reese Witherspoon, Mindy Kaling, Zach Galifianakis, Chris Pine. Avventura, 109′. USA, 2018

Meg Murry (Storm Reid) è una classica studentessa delle medie con problemi di autostima che cerca disperatamente di integrarsi. Figlia di due fisici di fama mondiale, è intelligente e incredibilmente dotata, proprio come suo fratello minore Charles Wallace, ma deve ancora rendersene conto. A peggiorare la situazione interviene la sconcertante scomparsa del padre, il signor Murry, evento che tormenta Meg e che ha lasciato sua madre con il cuore a pezzi.

 

Tratto dall’omonimo romanzo di Madeleine L’Engle del 1963 che fa da apripista ad una saga sci-fi per ragazzi, Nelle pieghe del tempo” (A Wrinkle In Time) è un’avventura fantastica che ha come eroina Meg (Reid), una tredicenne che è passata dall’essere studentessa modello a emarginata dopo la scomparsa del padre scienziato (Pine).

Nel giorno del quarto anniversario dell’evento, Meg e Charles Wallace (McCabe), il suo fratellino geniale, con il loro amico Calvin (Miller) fanno la conoscenza di tre donne: la Signora Whatsit (Witherspoon), la Signora Who (Kaling) e Which (Winfrey) che aprono loro le porte di un mondo sconosciuto. Perché il padre è stato intrappolato da una forza oscura, che minaccia di distruggere l’intera galassia.

Prodotto Disney rivolto prevalentemente a un pubblico giovane, “Nelle pieghe del tempo” appiattisce e banalizza, con dialoghi semplici e poco efficaci, la storia straordinaria raccontata dal libro.

Le sfide avventurose nelle quali la protagonista si imbatte riguardano prevalentemente se stessa, le sue paure e le sue debolezze: un coming of age classico che porta Meg a sviluppare una maggiore consapevolezza, a crescere.

Stupenda la fotografia, con colori luminosi e vivaci che colpiscono lo sguardo. I costumi e il trucco delle tre Signore sono fantasiosi ed eccentrici: dalle sopracciglia ingioiellate di Oprah Winfrey ai capelli di Mindy Kaling.

L’attenzione quasi maniacale all’estetica, però, finisce per rivelarsi un limite della pellicola: la storia, infatti, talvolta sembra come fermarsi. 

La regista Ava DuVernay ha scelto di affidarsi – troppo? –  alle capacità della computer graphics, e se questo da una parte fa sì che il film sia una sorpresa continua, dall’altra va a discapito della caratterizzazione dei personaggi e della capacità stessa di questi ultimi di spingere il pubblico a immedesimarsi.

“Nelle pieghe del tempo” affronta temi come l’accettazione della propria individualità, il modo per rendere le proprie diversità un pregio, come sconfiggere la paura seguendo le proprie inclinazioni.

Il romanzo della L’Engle finisce per uscirne forse un po’ malconcio, ma oggi un’opera che dice, in modo semplice e comprensibile, che avere paura del diverso non ha senso, perché tutti siamo diversi e quindi, a nostro modo, unici, ha un suo valore.