Una serie ideata da George Kay, François Uzan. Con Omar Sy, Vincent Londez, Ludivine Sagnier, Clotilde Hesme, Nicole Garcia. Azione, poliziesco. Francia. 2021-in produzione
La mia generazione, quella dei nati tra anni ‘70 e ‘80, è letteralmente cresciuta con la serie animata sull’incorreggibile Lupin III, ladro gentiluomo con un debole per le belle donne.
Tra il “nostro” Lupin III televisivo (basato sull’omonimo manga di Monkey Punch) e il personaggio originario, Arsenio Lupin, creato nel 1905 dal romanziere francese Maurice Leblanc, corre un abisso. Il primo è scanzonato, vestito in completi sgargianti, fanfarone. Il secondo elegante, sempre accompagnato da tuba e monocolo.
Chi ama Lupin, insomma, è abituato ai cambiamenti. Per questo, la nuova serie originale francese con protagonista Omar Sy, uscita su Netflix l’8 gennaio, con la sua originalità nell’approcciarsi al tema coglie in contropiede il pubblico ma non lo delude.
Assane Diop (Sy) è un uomo rimasto segnato dalla morte del padre, incastrato ingiustamente per il furto della celebre Collana della regina appartenuta a Maria Antonietta e suicidatosi in carcere per la vergogna venticinque anni prima.
Rimasto orfano, Assane si è aggrappato al mito di Lupin, leggendo e rileggendo i romanzi di Leblanc, a cominciare da quello che gli aveva regalato proprio l’amato genitore, e diventando un abilissimo ladro, truffatore e trasformista.
Quando scopre in TV come la potente famiglia Pellegrini abbia pesanti responsabilità nella morte di suo padre, decide di compiere la propria vendetta, affinché il nome del padre venga riabilitato. Per farlo è disposto a tutto, anche a sacrificare la serenità di ex moglie e figlio…
La serie “Lupin” è un thriller esistenziale appassionante, una caccia all’uomo, la ricerca di verità da parte di un figlio. Le varie suggestioni si mescolano bene nella sceneggiatura, così come i toni drammatici e quelli più leggeri.
Lo spettatore ha la sensazione di vedere in azione un moderno Conte di Montecristo, che si fa beffa con intelligenza e scaltrezza sia della polizia quanto del cattivo e cinico Pellegrini.
I cinque episodi che compongono la prima parte della serie scorrono via in modo piacevole e godibile, potendo contare sulla briosa e carismatica performance di Omar Sy, davvero a proprio agio nel vestire i panni di questo personaggio così poliedrico e ricco di sfumature.
Interessante notare come la serie sfrutti i romanzi di Leblanc come strumento di sviluppo della storia, gettando le basi per un suggestivo e riuscito dualismo/confronto tra il personaggio di Assane Diop e quello del Lupin letterario.
Anagrammi, enigmi, codici cifrati, coincidenze e i magnifici squarci di una Parigi sempre incantevole contribuiscono a rendere coinvolgente, magica ma anche intima la serie.
Il finale, aperto quanto angosciante, apre la strada alla seconda parte e lascia lo spettatore col fiato sospeso. Cosa si inventerà Lupin/Sy per salvare se stesso e soprattutto suo figlio? Lo scopriremo prossimamente su Netflix.