Una premessa è d’obbligo. In questi anni la collana LAINYA di Fazi editore, che pubblica romanzi fantasy e innovativi, mi ha regalato piacevolissime sorprese e scoperte – “Piranesi”, “Vita nostra” e “La chimera di Praga” solo per citare alcuni titoli.
Mi sono avvicinata a “Legendborn” di Tracy Deonn, primo capitolo di una nuova serie dove le leggende arturiane incontrano il mondo delle società segrete e dei college americane, con la migliore delle predisposizioni. Purtroppo, in questo caso, la lettura è stata alquanto deludente…
Dopo che sua madre ha perso la vita in un incidente, la sedicenne Bree Matthews vuole lasciarsi tutto alle spalle. Il programma per liceali promettenti organizzato dall’Università della Carolina del Nord sembra l’occasione perfetta. Proprio durante la sua prima festa al campus, però, Bree nota delle misteriose presenze soprannaturali che seminano caos e violenza fra gli studenti per nutrirsi della loro energia.
Un ragazzo tenebroso e affascinante di nome Selwyn Kane interviene per cancellare nei testimoni qualsiasi memoria dell’attacco, ma la sua magia non ha effetto su Bree che, anzi, ricorda di colpo molti particolari riguardo alle circostanze in cui è scomparsa la madre: possibile che la sua morte nasconda dei segreti magici?
L’occasione per approfondire il mistero arriva grazie a Nick, il ragazzo più popolare dell’università, che le confessa l’esistenza della società segreta della Tavola rotonda. I suoi componenti sono discendenti dei cavalieri di re Artù e annunciano che una guerra magica sta per scoppiare. Bree deve decidere fino a che punto spingersi per scoprire la verità: userà la sua magia per abbattere la società, o si unirà alla battaglia?
Ho avuto difficoltà oggettive ad arrivare alla fine di “Legendborn” perché, nonostante gli avvenimenti e l’azione non manchino, ho trovato il libro molto lento. La storia non decolla, la lettura è faticosa. Gli elementi per un fantasy interessante ci sarebbero tutti – società segrete, leggende arturiane, l’eterna lotta tra il bene e il male calata nella realtà del college – ma, almeno per adesso, l’autrice non ha saputo gestirli nel migliore dei modi.
In questo caso, mi duole dirlo, abbiamo davanti un classico romanzo per teenager (i post sui social con le illustrazioni dei protagonisti, da quarta elementare, non aiutano, in questo senso), che piacerà ai giovani ma che un adulto avrà oggettive difficoltà ad apprezzare. Tutto troppo semplicistico, troppo bianco o nero, e troppo ripetitivo.
Anche gli accenni alla questione razziale e alle discriminazioni, potenzialmente “giusti”, li ho trovati poco calzanti e davvero semplicistici – possibile che una persona bianca, distinta, che si trova davanti una ragazza di colore pensi inevitabilmente che si tratti di una cameriera? Nel 2022?
I personaggi poi, non ne parliamo! Immedesimarsi in Bree è difficile, quasi impossibile. Il suo modo di pensare e di agire è, in una parola, infantile – dopo essere sopravvissuta all’attacco di un demone e aver visto persone venire ferite pesantemente, lei, ad esempio, pensa: “il mio chignon non ha retto bene alla serata”. What?! La sua rabbia per la perdita della madre è comprensibile così come il desiderio di capire davvero ciò che è successo ma al di là di quello…
Bree è una ragazzina, che pensa da ragazzina, parla da ragazzina e reagisce da ragazzina. Non che in questo ci sia niente di male – J.K. Rowling ha costruito un impero, con sette libri incentrati su un maghetto under18! – ma per far sì che un pubblico trasversale e non solo quello teen trovi avvincente una storia raccontata dal punto di vista di una/un 16enne serve qualcosa, una scintilla, uno stile particolare, una profondità. Qualcosa che qui manca.
Le descrizioni sono, in una parola, banali: ho detestato quei continui passaggi di: “Caio indossava questo e quello; Tizio indossava questo e quello” che potrebbero andare bene in un racconto delle medie, e anche la polarizzazione Nick/Selwyn, già vista, già sentita, prevedibile. Non mi hanno convinto nemmeno quelle che riguardano il versante magico, con i demoni, i riti di iniziazione e tutto il resto. Nella lentezza generale, nemmeno la cosiddetta “guerra magica” è riuscita a prendermi più di tanto.
Probabilmente non sono riuscita a entrare nel mood giusto per apprezzare “Legendborn“, ma ora come ora il pensiero di leggere un altro capitolo della saga mi provoca diversi brividi… ma non di piacere.