Come chiunque altro lavori nei media a New York, l’editor Liz Buckley tira avanti a cupcake, caffeina e cocktail. Ma a trentun’anni può dirsi soddisfatta del suo lavoro a Paddy Cakes, un’esclusiva rivista patinata che si rivolge a genitori moderni e ultracompetitivi, disposti a spendere migliaia di dollari per il passeggino del loro prezioso pargolo. Se c’è una cosa di cui però è stanca è di fare un milione di straordinari per occuparsi del lavoro lasciato indietro dalle colleghe con figli. Così, quando un banale malore da stress in ufficio viene scambiato per nausea mattutina, Liz decide di stare al gioco e annuncia di essere incinta. Un piano folle? Probabile, ma sente di meritarsi un permesso di maternità, un po’ di tempo per sé, per sistemare tutti gli aspetti ancora imperfetti delle sua vita. E così, di giorno nasconde una pancia finta sotto eleganti vestiti prémaman e di notte scorrazza per la città tra karaoke trascinanti e cenette alcoliche. Ma per quanto tempo può durare la finzione? Man mano che la data del “parto” si avvicina, per Liz diventa sempre più difficile mantenere il segreto, tanto più adesso che sembra profilarsi all’orizzonte Quello Giusto. Di certo non avrebbe mai immaginato che una pancia potesse suscitare tanti sentimenti e riflessioni sulla vita, il successo, la famiglia e la natura del vero amore.
Se avete letto qualche mia recensione precedente saprete che non sono un’amante scriteriata dei chick lit e affini, che ama ognuna di queste storie in quanto tale e non riesce a vederne i difetti. Tutt’altro.
Se normalmente sono una lettrice critica e selettiva, possiamo dire che con le commedie leggere e rosa lo sono ancora di più – forse perché visto il successo del genere e la quantità di storie molto, molto simili tra loro che vengono pubblicate ogni mese, serve davvero una marcia in più per farmi dire: “Sì, questo libro merita di essere letto, non è solo l’ennesimo clone di un modello che vende”.
Ecco, sarà il momento particolare che sto attraversando, gli ormoni della fase finale della gravidanza che mi rendono più malleabile, ma anche se sono partita piuttosto scettica “Le bugie hanno la pancia tonda” di Meghann Foye mi è piaciuto, mi sono divertita a leggerlo, e vi ho trovato più elementi interessanti che difetti.
Partiamo dall’ambientazione. Date a una giornalista freelance una storia che parla di editoria, di riviste, di problemi redazionali – e aggiungiamoci anche che si svolge a New York, che se giocata bene è una carta che non guasta mai – e avrete ottime possibilità di attirare la sua attenzione. Mi sono ritrovata molto nel mondo di Liz, nella sua quotidianità di redattrice web alle prese con interviste da inventare, pezzi da chiudere in tempi record e via dicendo, e anche se il suo personaggio ha dei tratti che mi hanno fatto storcere il naso, come vedremo a breve, la sua voglia di affermarsi scrivendo l’ho sentita molto mia.
In generale i personaggi sono meno stereotipati e finti di quanto capiti di solito in libri come questo. Certo, degli schemi ricorrenti ci sono – la superiore strega, le amiche con cui fare comunella, qualche belloccio, ecc. ccc. ccc. – però trovo che la Foye abbia mescolato bene gli elementi, tanto da costruire caratteri credibili, che non risultano antipatici per le loro scelte, la vita che fanno e via dicendo – e non è poco.
La gravidanza è uno dei temi che oggi vanno per la maggiore – come non pensare, per restare in casa nostra, alla tremenda campagna lanciata dal ministro Lorenzin pro-fertilità? -, quindi scrivere un libro che gioca su questa condizione è sensato. Certo in Italia i privilegi che la protagonista accusa le mamme o future tali di avere sono un po’ un’utopia (qui, cara Liz, se sei incinta non ti rinnovano il contratto o non ti assumono, altro che orari flessibili!), però gli Stati Uniti sono una realtà molto diversa da questo punto di vista, quindi ben venga la critica ironica di una 31enne single che a fare un figlio non ci pensa proprio e si sente discriminata per questo.
Quello che sinceramente non ho apprezzato molto è il ribattere più e più volte sull’invecchiamento, sull’orologio biologico, sulle rughe. La protagonista ha da poco passato i 30, non i 100 anni, eppure a tratti sembra che si senta davvero superata, da rottamare, vecchia. La società intorno a lei le ribadisce in ogni modo che se vuole una famiglia deve darsi una mossa, che il tempo passa. Ecco, personalmente questa cosa mi ha fatto un po’ tristezza. Non dico che bisogni necessariamente aspettare i 50, per avere figli, ma io di anni ne ho compiuti 29 e non mi sento vecchia o passata – e allo stesso modo non considero tali le mie amiche e coetanee.
A 30 anni la vita, considerando che in molti hanno da poco finito di studiare e trovato un lavoro, è davanti a noi. C’è tutto il tempo per mettere su famiglia. Vedere le tre protagoniste darsi tanta pena per trovare un marito mi ha messo ansia – e pensate che io un marito già ce l’ho. Non è esattamente un bel messaggio per una donna single. E poco importa se il lieto fine, immancabile, sembra appianare ogni contrasto o controversia. Mi sarebbe piaciuto che le protagoniste del libro fossero appena, appena più obiettive e meno tragiche, in quanto tali, non perché alla fine un uomo lo trovano davvero.
Per il resto niente da dire. Storia divertente, ben scritta, scorrevole. Trama tutto sommato avvincente. Personaggi accettabili. Libro promosso.