Un film di Alice Rohrwacher. Con Adriano Tardioli, Alba Rohrwacher, Tommaso Ragno, Luca Chikovani, Agnese Graziani, Sergi López, Natalino Balasso, Nicoletta Braschi. Drammatico, 130′. Italia, 2018
La Marchesa Alfonsina de Luna possiede una piantagione di tabacco e 54 schiavi che la coltivano senza ricevere altro in cambio che la possibilità di sopravvivere sui suoi terreni in catapecchie fatiscenti, senza nemmeno le lampadine perché a loro deve bastare la luce della luna. In mezzo a quella piccola comunità contadina si muove Lazzaro, un ragazzo che non sa neppure di chi è figlio ma che è comunque grato di stare al mondo, e svolge i suoi inesauribili compiti con la generosità di chi è nato profondamente buono. Ma qual è il posto, e il ruolo, della bontà fra gli uomini?
A sentire il nome Lazzaro a molti verrà in mente uno dei miracoli compiuti da Gesù secondo quanto riportato dai Vangeli, la resurrezione del lontano parente, morto da quattro giorni.
Dimenticate ogni riferimento biblico. Alice Rohrwacher, con il suo terzo lungometraggio “Lazzaro felice” presentato in concorso al 71° Festival di Cannes, firma una favola moderna e surreale sulle contraddizioni che soffocano l’Italia di oggi, e sui problemi che a una persona possono portare eccessiva bontà, gentilezza e generosità.
Il protagonista (Tardioli) è un contadino giovane e ingenuo, incapace di sottrarsi allo sfruttamento lavorativo e umano che vive nell’azienda agricola Inviolata, a opera soprattutto della crudele e avida Marchesa (Braschi).
Non è specificato in quale parte d’Italia si svolga la storia, ma prima di relegare il tutto a mera opera di fantasia darei un’occhiata ai quotidiani locali.
“Lazzaro felice” di articola in due parti distinte: la prima agricola, la seconda cittadina. A fare da trait d’union il personaggio di Lazzaro, che resta coerente con il proprio modo di fare e le proprie convinzioni anche al mutare dello scenario.
Lazzaro – magistralmente interpretato dal sorprendente Adriano Tardioli – è il mezzo attraverso cui la regista mostra allo spettatore quanto spregevoli, egoisti e calcolatori siano le persone ancora oggi. Il Medioevo è passato da tempo, la schiavitù è stata abolita, eppure lo sfruttamento è una piaga che gode di ottima salute.
Se Lazzaro incarna “la possibilità di praticare la bontà”, la sua nemesi e controparte è la Marchesa, “una persona orribile, avida, insensibile, che rifiuta di ammettere come il mondo sia cambiato, la società dei privilegi e delle ingiustizie sociali in cui è stata cresciuta tramontata”, secondo le parole di Nicoletta Braschi in conferenza stampa.
Nella seconda parte del film l’azione si sposta in città. Lazzaro è sempre Lazzaro, mentre gli altri personaggi hanno incontrato grosse difficoltà ad adattarsi al cambiamento.
Questa parte risulta meno incisiva, lineare, intensa e pungente nella sua missione di critica e di racconto. I personaggi cittadini non sono all’altezza di quelli rurali, per sviluppo, forza, empatia col pubblico.
“Lazzaro felice” è un progetto coraggioso, originale e apprezzabile in chiave registica e autoriale, che conferma il talento di Alice Rohrwacher dietro la macchina da presa. Una fiaba moderna, con un finale però piuttosto dark e cupo che sottolinea come, nella nostra società, non ci sia posto per persone come il nostro eroe della bontà.
Il biglietto da acquistare per “Lazzaro felice” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto (con riserva). Sempre.